Sono in Sicilia quattro dei peggiori dieci ospedali italiani. Sono vecchi e strutturalmente inadeguati. Si trovano a Palermo, Catania e Messina.

Sei ospedali su 10 hanno più di 70 anni, il 9% delle strutture risale all’epoca Napoleonica, il 15% risale all’epoca della Prima Guerra Mondiale, il 35% risale all’epoca della Seconda Guerra Mondiale. Questo è uno dei dati salienti dell’inchiesta de Il Secolo XIX sullo stato di salute dei nosocomi italiani al centro dei fatti di cronaca dopo quanto accaduto a Tivoli dove pochi giorni fa morirono 3 persone e 200 pazienti vennero trasferiti in altri ospedali a causa di un incendio.

Quattro ospedali siciliani tra i peggiori 10

Ma c’è un altro dato, altrettanto inquietante, che interessa da vicino la Sicilia: in una speciale classifica che racchiude i 10 ospedali con le apparecchiature obsolete, spiccano 4 strutture isolane. Due a Palermo, il Civico di Cristina Benefratelli ed i Riuniti Villa Sofia-Cervello, uno a Catania, il Cannizzaro e l’altro a Messina, il Papardo.

Apparecchiature obsolete, i migliori 10

  • Cardarelli (Napoli)
  • Manaldi Dei Colli (Napoli)
  • Policlinico San Martino (Genova)
  • Ospedali Riuniti di Foggia
  • Policlinico Sant’Orsola (Bologna)
  • Maggiore della Carità (Novara)
  • Santa Croce e Carle (Cuneo)
  • San Pio (Benevento)
  • San Giuseppe Moscati (Avellino)
  • Sant’Andrea (Roma)

Apparecchiature obsolete, i 10 peggiori

  • Policlinico San Matteo (Pavia)
  • Civico di Cristina Benfratelli (Palermo)
  • Brotzu (Cagliari)
  • Aou (Sassari)
  • Senese (Siena)
  • Cannizzaro relativamente alla sola area d’emergenza (Catania)
  • Papardo (Messina)
  • Riuniti Villa Sofia-Cervello (Palermo)
  • Mater Domini (Catanzaro)
  • Aou (Cagliari)

 

Il presidente ordine dei Medici “Si cambia Paese per le condizioni di lavoro”

Filippo Anelli, presidente dell’Ordine dei medici, nell’intervista dice la sua sui medici contesi in Europa fotografato nei giorni scorsi da Il Secolo XIX, dopo l’incendio di Tivoli.

“I dati di qualche tempo fa della Commissione parlamentare d’inchiesta sul nostro sistema sanitario e quelli della Protezione civile rivelano che il 9% delle strutture risalgono all’era napoleonica, nel 15% dei nostri nosocomi la prima pietra è stata messa quando i nostri bisnonni combattevano la Prima Guerra Mondiale, mentre il 35% è stato costruito prima che finisse il secondo conflitto mondiale. In pratica 6 ospedali su 10 hanno più di 70 anni di vita alle spalle. E secondo la Protezione civile di manutenzione se ne fa ben poca, tanto che il 60% rischia di crollare in caso di terremoto”.

Ed aggiunge: “Le cause credo siano altre ma sicuramente lavorare in strutture vecchie e mal tenute non è di aiuto”.

“Pnrr a rilento”

Il Pnrr mette dei tanti fondi per il riammodernamento degli ospedali. Il presidente dell’ordine dei Medici risponde: “Si, parliamo di 1.6 miliardi ai quali va aggiunto un altro miliardo d 450 milioni di euro del Fondo nazionale per gli investimenti complementari, ma ho l’impressione che si stia procedendo un po’ a rilento. Bisogna accelerare”.

Ma rimane la caccia al medico in tutta Europa

“Da molto tempo – dice – mancano tanto i medici quanto gli infermieri, questo perché formare entrambi comporta un impegno economico da parte degli Stati ed una corretta programmazione. Entrambi sono carenti in Europa”.

Retribuzioni tra le più basse d’Europa

“Le retribuzioni, che sono tra le più basse d’Europa, ovviamente hanno il loro peso ma credo che per rendere nuovamente attrattiva la professione medica occorra pensare a un sistema sanitario diverso che superi il sistema aziendalistico avviato nei primi anni Novante per condurre una giusta lotta agli sprechi. In 30 anni l’obiettivo è stato ampiamente raggiunto, ora dobbiamo puntare a un modello diverso, dove i conti devono certamente restare in ordine, ma rimettendo al centro gli obiettivi di salute e dando il peso che meritano alle professioni.

Medici trascurati

“I medici oggi sono bistrattati. Capita di non riuscire a prescrivere il miglior farmaco disponibile per una neoplasia o malattia ematologica perché altrimenti si sforano i budget di spesa. E lo stesso avviene per gli interventi chirurgici. Se vogliamo fermare l’emorragia di medici verso l’estero dobbiamo prima ancora che remunerarli come meritano metterli nelle condizioni di lavorare bene. Le linee guida devono essere delle raccomandazioni non camicie di forza”.

Sul Decreto Cura Italia

Sono tanti anche gli stranieri, soprattutto extracomunitari, che vengono a lavorare in Italia. “Non ho alcun pregiudizio ma non andare bene è il decreto ‘Cura Italia’ che ha inserito il loro ingresso in deroga alla comparazione dei titoli di studio. Questo era comprensibile all’epoca dell’emergenza pandemica ma ora non ha ragione di esistere, perché così c’è persino il rischio si infili qualcuno senza laurea”.

“Commissione ministeriale venga potenziata”

“C’è una commissione ministeriale che deve provvedere al riconoscimento dei titoli acquisiti all’estero. Si potenzi, visto che oggi impiega sei mesi per un riconoscimento. Ma basta deroghe perché se la formazione non è equiparabile alla nostra, per la sicurezza dei cittadini è giusto si possano chiedere degli esami integrativi”.

Sull’abbattimento del numero chiuso per l’accesso a Medicina

“Siamo saliti a 20mila accessi alla Facoltà. Nel 2030 avremo persino un esubero di medici mentre l’emergenza è adesso. Per questo dovremmo utilizzare meglio i 40mila specializzandi che sono medici a tutti gli effetti e che qui, come già avviene nel resto d’Europa, possono completare la loro formazione facendo assistenza nei reparti”.

Ed infine: “La norma, anche così, continua a penalizzare gli infermieri e i medici che hanno riscattato gli anni di laurea, favorendone la fuga verso il pensionamento, come se non bastasse quelle all’estero”.

 

 

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