Il reato di concorso esterno alla mafia, il contrasto al crimine organizzato, il ruolo dell’informazione e la riforma della Giustizia prossima ventura: Luca Palamara è un fiume in piena. Ospite di Talk Sicilia, l’ex magistrato ormai a un passo dall’ingresso in politica è stato intervistato dal giornalista del Tempo,  Gaetano Mineo.

Concorso esterno, parlarne non sia tabù

Palamara spezza una lancia – seppure con i dovuti distinguo – rispetto alle esternazioni del Ministro di Giustizia, Carlo Nordio. Parlare del reato di concorso esterno alla mafia,  non può essere un tabù.  “Quando si affrontano temi così delicati bisogna essere molto chiari: il livello della lotta alla mafia non può mai essere abbassato, deve essere sempre un obiettivo centrale di qualunque maggioranza sino al governo. Detto questo, al di là dell’opportunità o meno e del segnale politico che può essere dato con questo argomento sul tema del concorso esterno, non bisogna essere ipocriti, è un tema sulla quale si è sempre discusso, soprattutto in ambito dottrinario e giurisprudenziale. Poi mi fa piacere leggere, ad esempio le parole anche di colui il quale ha avuto sempre parole critiche nei confronti del concorso esterno, il professor Giovanni Fiandaca, che oggi dice però attendiamo perché non è questo il momento”.

Per Palamara, il reato di concorso esterno “ha contribuito ad elevare il livello della lotta alla mafia. Dall’altro lato, però, ha rischiato di portare dentro i processi persone che in quel contesto non erano realmente inserite. Questo penso che debba essere ugualmente un tema di discussione. La lotta alla mafia impone di processare e di condannare chi è contiguo, chi è dentro la mafia.

Scoop sulle deviazioni del 1993? Giornalismo d’inchiesta è altro

Non vengono risparmiate critiche rispetto al rapporto tra Giustizia e mondo dell’informazione.  Commentando i recentissimi sviluppi “a mezzo stampa” delle vicende stragiste del 1993, Palamara  spiega che “non si deve mettere in discussione il giornalismo d’inchiesta. Per quanto mi riguarda, però, il giornalismo d’inchiesta è un altro. Non è certamente quello che in qualche modo vivacchia su questa o quella informativa”. In questi modi si tratta di “canali privilegiati”. Per Palamara, questo modo di fare informazione “in qualche modo altera il meccanismo e le regole della democrazia. Perché, tanto per essere chiari, il segreto d’ufficio deve esserci e deve valere per tutti.

Riforma della Giustizia, ecco come finisce secondo Palamara

“Quando si tratta di fare le riforme, qualunque riforma, scatta il fronte del no, scatta la logica corporativa, scatta la logica di dire no a qualsiasi ipotesi di riforma. Dall’altro lato spesso è capitata una politica che anziché andare avanti, ha fatto un po’ il passo indietro. Penso che in questa occasione, da quello che capisco, non ci sia una voglia di indietreggiare. Non resta che essere spettatori fino in fondo e capire quello che accadrà. La cosa più importante è ovvio che mai deve esserci una riforma punitiva nei confronti della magistratura. Mai deve essere messa in discussione l’autonomia e l’indipendenza. Mai deve essere messo in discussione il lavoro di quei tanti magistrati che tra mille difficoltà mandano avanti la macchina della giustizia. Deve invece essere affrontato un tema riformatore di motivazioni che non hanno funzionato nel mondo della magistratura che, al di là degli interventi sulla giustizia penale, hanno riguardato il rapporto tra politica e magistratura. Che la riforma Cartabia, io penso, non è stata in grado adeguatamente di risolvere”.