C’è un mare di droga che sommerge la Sicilia e rischia di diventare una trappola mortale per i nostri giovani. C’è la cocaina per i consumatori più ricchi e c’è il crack da smerciare anche ai ragazzini di dodici 13 anni. Perché a Palermo quel calvario chiamato droga – prima  la cannabis e poi il crack – inizia già a dodici anni. Il crack distrugge il cervello, crea degli zombi, accompagna i ragazzi strappandoli alle famiglie, dall’emarginazione sociale, alla bugia, fino alla morte. Nel 2022 ben 16 bambini sono stati ricoverati in overdose a Palermo. I loro genitori assumevano crack e sostanze stupefacenti. Anche un neonato è finito in rianimazione. Negli ultimi anni i Sert del capoluogo siciliano hanno registrato un incremento di 800 assuntori in più ogni dodici mesi. Nella rete del crack si cade grazie alle trappole tese degli spacciatori. La prima dose è quasi sempre un omaggio a chi ha comprato l’erba. Sono le reti di trafficanti a spingere verso il crack, un residuo della produzione di cocaina. Il crack si chiama così per il rumore che fa quando i suoi cristalli si sbriciolano per essere fumati.

Il consumo di droga è cambiato ma i pupari sono sempre gli stessi

La droga ha cambiato volto e cambia il suo consumo. Non cambiano i pupari. La droga è tornata a essere il grande affare delle cosche siciliane. Oggi lavorano in network con le ndrine calabresi e i cartelli sudamericani. Per capire la vastità del fenomeno basti sapere che soltanto nel 2020 in Sicilia sono state denunciate quasi 3000 persone, con la contestazione di aver trafficato stupefacenti. Più le forze dell’ordine intervengono a smantellare i traffici, più emerge la consapevolezza di essere di fronte a un dramma epocale che non può essere risolto soltanto per la via giudiziaria.

Laricchia, “la repressione non basta mai, serve attività di contro propaganda”

Per Leopoldo Laricchia, Questore a Palermo, “La repressione non basta mai. La repressione è l’estrema ratio. Il diritto penale è extrema ratio, non è più il diritto della società. Il diritto penale è il diritto che regola la deviazione dalla società, Il pericolo, il danno degli stupefacenti deve entrare nella convinzione, deve essere una convinzione di ciascuno e quindi occorre fare una attività seria, di contro propaganda, perché purtroppo nel nostro Paese la propaganda a dir poco è spezzata da una parte e dall’altra ci sono i fautori della droga come liberazione o addirittura di chi ne fa bene. E ci sono quelli che invece naturalmente sostengono quello che sostiene la scienza, che è un additivo a vari livelli, che modifica la personalità e quindi rende prevalentemente antisociale l’uomo”.

Nel mirino degli spacciatori e nella rete del crack spesso finiscono i ragazzi più fragili e più deboli dei quartieri periferici siciliani Zen, Ballarò, Sperone, Brancaccio a Palermo e Librino a Catania. Anche i figli della borghesia sono attratti da questo mondo psichedelico. Quando muore un figlio per il crack, la ferita è lancinante, non si rimarginerà più. Resta solo l’obiettivo di salvare più ragazzi possibili, perché nessuno faccia più la fine di tuo figlio. Francesco Zavatteri ha perso suo figlio Giulio a settembre dello scorso anno. Da allora combatte affinché nessun ragazzo rimanga imbrigliato nella rete del crack e il suo obiettivo è costruire una rete che salvi quei ragazzi intrappolati:. Dobbiamo tutti unirci, tutti, in particolare noi genitori, perché dobbiamo cercare di contrastare questo fenomeno che sta invadendo la nostra città e mette a rischio la vita di tutti e di tutti i ragazzi, dei nostri figli, delle menti, dei nostri figli. Soprattutto sono la cosa più importante. Le istituzioni stanno cercando come possono di risolvere questa situazione, però la situazione è attualmente stagnante”.

Monsignore Lorefice, “alleanza educativa per i giovani”

Anche la Chiesa di Palermo, con l’arcivescovo Corrado Lorefice, è scesa in campo per questa sfida contro il nuovo secolo: “Credo che le istituzioni più che mai debbono aderire al territorio. Forse i giovani sono lontani e sono preda di chi li illude, perché forse noi adulti siamo assenti. Non abbiamo assunto un’alleanza educativa”.

 

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