Una cooperazione investigativa e giudiziaria tra gli Stati più incisiva, aiuti e sostegni ai Paesi che hanno bisogno di assistenza, controlli sulla attuazione piena della Convenzione Onu contro la criminalità organizzata sottoscritta a Palermo nel 2000.
Obiettivi finalmente possibili grazie all’approvazione della Risoluzione Onu sul meccanismo di revisione della Convenzione approvata 19 anni fa e nata dall’intuizione di Giovanni Falcone sull’importanza della collaborazione tra i Paesi nella lotta alle mafie. La Risoluzione è stata votata all’unanimità, al termine della nona sessione della Conferenza sulla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale tenutasi a Vienna.
“Oggi si realizza il sogno di Giovanni di una piena cooperazione tra gli Stati nella lotta alla criminalità organizzata. Davanti a mafie globali che operano ben oltre i confini nazionali, dare piena attuazione e migliorare la Convenzione di Palermo del 2000 era fondamentale”, dice Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso a Capaci e presidente della Fondazione che del giudice porta il nome.
“Giovanni aveva intuito quanto fosse importante un’azione comune a tutti i Paesi contro la criminalità organizzata – aggiunge – già negli anni ’80, quando, da pioniere, avviò la sua collaborazione con gli investigatori americani nell’inchiesta Pizza Connection. Il risultato raggiunto oggi è la realizzazione di una sua lungimirante visione”.
Alla Convenzione Onu di Palermo aderirono, nel 2000, 189 su 193 Paesi. Negli anni, al testo iniziale si sono aggiunti i Protocolli sulla lotta alla tratta di esseri umani, sul traffico illegale di migranti, sulla fabbricazione e sul traffico illeciti di armi da fuoco. Il meccanismo di revisione della Convenzione, votato oggi, consente di superare gli ostacoli che finora hanno impedito una piena attuazione di quello che è il primo strumento comune agli Stati nel contrasto a fenomeni criminali sempre più globali attraverso un controllo sulle legislazioni degli Stati, sull’organizzazione giudiziaria, sulle attività di repressione e prevenzione e sulle tecniche investigative.
La risoluzione approvata ha avuto la co-sponsorizzazione, tra gli altri, dell’Ue, degli Usa, della Cina, del Giappone e della Russia. La Convenzione di Palermo muove dall’intenzione di “avvicinare” le legislazioni nazionali nella lotta al crimine organizzato, sia sotto il profilo norme incriminatrici, sia sotto quello della prevenzione e mira a migliorare i meccanismi di cooperazione giudiziaria tra gli Stati.
Il nucleo centrale è costituito dalla nozione di reato transnazionale commesso da organizzazioni criminali “stabili”. L’accordo impone agli Stati-parte la previsione di alcuni reati come l’ associazione criminale, il riciclaggio, la corruzione, l’intralcio alla giustizia, a cui si sono aggiunti la tratta di esseri umani, il traffico di migranti e i reati legati alla fabbricazione e al traffico illegali di armi da fuoco. Ai lavori di Vienna hanno partecipato 800 esperti e rappresentanti di diversi Stati. Per l’Italia all’apertura dei lavori c’era una delegazione composta dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, dal procuratore nazionale Federico Cafiero De Raho, da Maria Falcone, dall’ambasciatrice e dal consigliere giuridico presso la rappresentanza permanente alle Organizzazioni Internazionali a Vienna Maria Assunta Accili Sabbatini e Antonio Balsamo.
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