Sta suscitando molta indignazione nella società civile la vicenda di padre Roberto Elice, l’ex parroco di una chiesa del quartiere Uditore di Palermo in carcere con l’accusa di aver abusato sessualmente di tre ragazzini.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, gli abusi erano noti già molto tempo prima che il sacerdote venisse arrestato.

Lo dimostrano anche alcuni messaggi scambiati su WhatsApp tra quest’ultimo e la madre di uno dei minori.

Sull’arresto interviene dalle pagine di Repubblica, tramite una lunga intervista, il cardinale Paolo Romeo, che era arcivescovo di Palermo ai tempi in cui si svolsero i fatti.

Nell’ottobre del 2014 il parroco confessò in Curia di aver abusato di alcuni bambini. “Non spetta al vescovo denunciare – ribadisce Romeo – all’epoca, ci siamo comunque mossi con tempestività: abbiamo subito contattato la madre dei bambini, informandola del suo diritto dovere di denunciare. Ci disse che l’aveva già fatto”.

E ancora: “Noi abbiamo seguito le regole previste dal diritto canonico. In otto giorni sono stati adottati alcuni importanti provvedimenti canonici nei confronti di don Roberto Elice. È stato rimosso dall’ufficio che ricopriva e invitato a seguire un percorso particolare in una clinica di Roma specializzata in questo tipo di situazioni. A don Roberto è stato anche vietato di celebrare messa in pubblico”.

Eppure una segnalazione di Romeo alla Procura su quanto appreso avrebbe potuto aiutare le indagini. “Lo ripeto – puntualizza Romeo -. Alla Chiesa non tocca fare alcuna denuncia alla procura. Semmai informare le vittime del loro diritto dovere di denunciare.
Ci siamo offerti anche di sostenere economicamente la mamma dei bambini. E con don Roberto si è adottata la massima severità. Certo, un padre non può abbandonare il proprio figlio, anche in questa situazione così grave. E il vescovo è un padre. Abbiamo aiutato quel figlio in difficoltà ad assumersi le sue responsabilità“.

Il cardinale prova anche a smorzare le polemiche sull’accusa di immobilismo degli ambienti religiosi di fronte a vicende di questo tenore. “La Chiesa ha i suoi procedimenti ecclesiastici – dice – che non sono meno gravi di quelli penali. Quello per don Roberto è ancora in corso. Ci sono norme precise da rispettare in questi casi. Le stesse che sono scattate nel caso di don Aldo Nuvola”.

Su una presunta lettera che don Roberto gli avrebbe scritto, Romeo sostiene di non ricordare “perché è passato tanto tempo”.

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