Domani il Primo Maggio, festa del lavoro, a Portella avrà come tema “Lavoro, diritti, stato sociale: la nostra Europa”. Sarà questo anche a Portella della Ginestra il tema scelto per celebrare la festa dei lavoratori, in continuità con le parole d’ordine che costituiscono l’appello che Cgil, Cisl e Uil lanceranno a Bologna, città che ospiterà quest’anno la manifestazione nazionale dei sindacati.Un richiamo a un’Europa nuova, rafforzata e solidale, fondata sul lavoro e capace di dare prospettive di lavoro ai giovani.

Dopo la deposizione delle corone di fiori al cimitero, alle ore ore 9,30 il concentramento presso la Casa del popolo di Piana degli Albanesi, da dove partirà il corteo fino al memoriale di Portella della Ginestra. A seguire, il comizio, che sarà aperto dalla lettura dei nomi delle vittime. Interverranno il segretario generale Cgil Palermo Enzo Campo, il senatore Emanuele Macaluso, che torna a fare un comizio sul luogo della strage dopo 71 anni, e il vice segretario generale Cgil Gianna Fracassi.
E di Portella si è parlato ieri durante la presentazione del libro “Portella della Ginestra, Strage di Stato?”, di Emanuele Macaluso, nel saloncino della Cgil Palermo.

“La strage dei sindacalisti uccisi dal ’43 al ’46, da Portella della Ginestra in poi, conta più di 70 morti. Non sono state solo 11 le vittime di Portella ma è stata una strage continua, paragonabile forse in Italia solo alla strage di Bologna, con i suoi 85 morti – ha detto il segretario generale Cgil Palermo Enzo Campo – La lotta è stata virulenta, nei confronti di un movimento sindacale che faceva paura perché poteva contribuire a cambiare le condizioni di lavoro delle persone. La Cgil, assieme al Pci e al Psi, nelle città, nelle campagne, nelle miniere, rompeva gli equilibri di sottomissione e subalternità nei confronti del mondo feudale, padronale. Lo scontro avveniva a mani nude. I sindacalisti che si mettono alla testa dei cortei non erano uomini isolati, accanto a loro c’erano le donne, un intero popolo, che si ribellava al blocco sociale, costituito dalla Dc, dai liberali, dai monarchici, alleati con la magistratura di allora e dalla Chiesa del tempo, quella del cardinale Ruffini, che sosteneva che la mafia era un’invenzione dei comunisti. Ogni volta che il movimento si organizzava – ha aggiunto Campo – arrivavano le stragi, si rispondeva con le armi. Onore a Falcone e Borsellino e onore a Pio La Torre, senza il quale non ci sarebbe stata la legge dello Stato di contrasto all’organizzazione mafiosa. Ma senza i nostri 70 morti non ci sarebbe stato quel forte movimento che ha lottato per i diritti, la libertà e la dignità di tutti”.

“Una grande emozione venire a Palermo, che non mi ha fatto dormire. Torno a Portella volentieri per prendere parte a questo Primo Maggio – dichiara Emanuele Macaluso, che interverrà di nuovo al comizio dopo 71 anni – Il ruolo del sindacato è stato essenziale. La strage di Portella fu un tentativo di intimorire quel movimento di contadini lì radunato che aveva provocato anche in Sicilia un mutamento politico. I fatti si svolgono nel 1947. Il 20 aprile di quell’anno c’erano state le prime elezioni regionali, che segnarono un significativo successo delle sinistre unite ed il Primo Maggio si consumò la strage. In quel 1947 – continua Macaluso – c’era l’unità sindacale. Oggi i giovani devono sapere che organizzare un movimento non è facile. In quel clima organizzare i contadini, i minatori, gli operai è stata un’opera difficile a cui si sono dedicati tanti lavoratori coraggiosi e giovani intellettuali che hanno rinunciato ad altre carriere. Oggi è cambiato tutto. Una cosa sola non è cambiata: l’esigenza che i lavoratori, il popolo, abbiano la parola. E solo un movimento organizzato può fare questo, che sia sindacato, partito, associazione. Bisogna continuare ad avere voce, per dare un senso al sacrificio di tanti compagni morti. Per dare un’idea a questo Paese. Per riprendere il combattimento”.

Per Gianna Fracassi, vice segretario generale Cgil, “oggi ancora ci interroghiamo se quella di Portella sia stata o no strage di Stato. In realtà sappiamo che fu una strage di Stato ma ancora oggi, a fronte di atti giudiziari inequivocabili, questo dibattito continua a porre interrogativi e per troppe di queste stragi di Stato noi chiediamo ancora verità e giustizia. Nelle identificazioni delle stragi di Stato non c’è mai un disvelamento dei volti, e chi non viene identificato resta impunito. E’ un dibattito che non si apre in Italia per assuefazione o per indifferenza. Ed entrambe le cose sono gravi. L’indifferenza è anche peggio: significa negare a questi morti di essere un pezzo della storia comune del nostro Paese, negare un pezzo di identità collettiva”.

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