Ha trascorso due giorni al pronto soccorso dell’ospedale Villa Sofia a Palermo, in un lettino e senza una coperta. Ecco il racconto di Sara Ansaldi, ginecologa.
Come Masino Buscetta non parlerò molto di quello che ho visto per non essere considerata visionaria o pazza. Entro al pronto soccorso di Villa Sofia per un dolore sciatico acuto che mi ha paralizzato da 3 giorni. Il dolore è sedato dai farmaci, mi mettono su una barella, e dopo 30 ore nessuno sa che ci faccio infreddolita digiuna senza acqua in una barella. Chiedo una coperta. Non ce. Un lenzuolo termico, nemmeno, non posso contendere l’ultimo rimasto col moribondo piangente del letto che mi precede. Molti urlano, chiamano figli, parenti, ma nessuno può’ varcare la porta.

Dopo 30 ore di nulla, tornando il dolore e non potendomi muovere cerco aiuto in colleghi che lavorano in altri reparti. Ho già fatto un RM 4 giorni fa. Viene a tal punto una gentile e sorridente neurochirurga che mi visita e dice che ci sono le indicazioni per l’intervento chirurgico.

Io, sempre per vie traverse ho preso contatti per fare la terapia del dolore vorrei destinare alla chirurgia l’ultima chance. Tra arresti cardiaci, codici rossi vecchi disorientati che piangono, giovani incidentati che urlano, decidono di farmi una tac, da cui si vede che non sono in emergenza.

Così il secondo neurochirurgo mi prescrive una rm, che ho già fatto, e consiglia terapia domiciliare. Alle 18, chiedo se posso avere un pasto, e mi dicono che non sono nell’elenco. Una pastina al dado e un bollito omeopatico mi rendono felice.

Il peso e la massa sono formati da una grande quantità di brodo felice lo stesso, non ho diritto all’acqua la sera e non ho modo di fare entrare qualcuno o raggiungere il distributore.

Quindi il brodo annacquato fa a pennello. Nessuno dopo 2 giorni ha pensato che con un ernia, meriterei una terapia medica e un antidolorifico. Nessuno si parla, da consegne, sa di chi parla trovo qualche giovane medico volenteroso ma preso d’assalto e una meravigliosa dottoressa ucraina che usa anche maniere civili. Dante non aveva visto questo luogo che merita più’ del conte Ugolino prima di scrivere il suo capolavoro. Se potessi muovermi fuggirei! Ma domani ho appuntamento per valutare una alternativa terapia del dolore. Qualcuno sa consigliarmi? Qualcuno vuole venire a vedere la terzomondizzazione della sanità’ pubblica nel sud Italia?”

A tal proposito giorni fa avevo scritto il seguente post: Il Presidente della Regione Siciliana, così come tutti gli “Onorevoli”, si sono mai serviti delle strutture sanitarie così come fanno le Sigg. e i sigg. Andrea, Giuseppe, Antonio, Alessandra, Mariella, Salvo, Maria, Daniela, ecc…? Faccio a tutti voi “Onorevoli” una proposta: senza presentarvi col titolo di “Onorevole” e senza farvi riconoscere da “Onorevoli”, provate a seguire la via crucis che un normale cittadino/a deve fare prima di poter usufruire di un servizio sanitario. Io sono disponibile ad accompagnarvi.

La replica dell’azienda ospedaliera Villa Sofia

La paziente in questione è giunta in Pronto Soccorso (presidio Villa Sofia) per un’esacerbazione di dolore lombare dovuta ad una patologia cronica (gia’ nota quindi).

E’ stata correttamente indirizzata dal Triage all’ambulatorio dei codici bianchi, dove è stata visitata dopo meno di un’ora di attesa. E’ stata immediatamente praticata terapia antalgica, Rx rachide L-S e Tac lombo-sacrale. Successivamente è stata eseguita consulenza Neurochirurgica che ha proposto il ricovero per intervento chirurgico. La paziente ha rifiutato il suddetto ricovero ed ha scelto di rimanere allo scopo di potere essere sottoposta a terapia antalgica.

Rammarica naturalmente che la Ella abbia sofferto dei disagi durante la degenza ma va rappresentato altresi’ che essi sono derivati dalla permanenza della stessa in Area di Emergenza, ovvero in un’area non deputata per sua natura alla sosta di codici bianchi che vanno ricoverato o dimessi.

Sosta però “necessitata”, ciò nondimeno, e quindi giustificata, dalla necessità di offrire pur comunque un’assistenza a persona sofferente, a fronte del rifiuto al ricovero da parte della stessa paziente. A ciò va aggiunto, come dato obiettivo di contesto, l’attuale situazione di sovraffollamento del Pronto Soccorso connesso anche alla costruzione della camera calda.

Pur compartecipando pienamente alla vicenda umana della paziente, il caso in oggetto, in generale, ripropone un’atavica considerazione, ovvero il ricorso ai pronto soccorsi per casi ultronei rispetto alla mission propria istituzionale, cioè di emergenza- urgenza.

Pertanto, suggerisce ancora una volta la necessità di invitare l’utenza a rivolgersi ai pronto soccorsi per tipologie di prestazioni emergenziali, riconvergendo, invece, verso il Territorio esigenze assistenziali connesse a patologie croniche – come nel caso di specie – salvo diversamente dover prendere in considerazione quantomeno la possibilità di incontrare disagi suppletivi per via della necessaria priorità che il pronto soccorso deve riservare ai codici rossi, gialli, comunque gravi. Più ancora se tempo- dipendenti.

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