Si sono riuniti questa mattina numerosi studenti universitari per protestare contro lo svolgimento dei test d’ingresso dei Corsi di Laurea in Psicologia, Servizio sociale, Scienze motorie e Lingue dell’Università di Palermo.

Le aspiranti matricole, in procinto di svolgere i test, si sono trovate davanti decine di studenti con volantini e megafono che hanno espresso la loro netta contrarietà al furto legalizzato dei test d’ingresso in quanto “traduzione diretta dell’attuale sistema universitario sempre più elitario e conforme alle logiche del profitto, sempre più distante dalle necessità degli studenti e delle loro famiglie”.

“Con le politiche in materia d’istruzione che nel corso degli anni si sono susseguite – dicono gli studenti -, l’università invece di essere strumento di emancipazione e mobilità sociale si è andata delineando sempre più come luogo chiuso ed elitario”. Secondo gli studenti che hanno inscenato la protesta, il numero chiuso limita il diritto allo studio che va inteso anche come diritto all’accesso.

Il numero chiuso, secondo le associazioni studentesche, avrebbe generato anche un business basato su onerosi corsi preparatori a cui non tutti possono accedere. “Ciò crea disparità tra studenti – affermano – e trasforma il problema in questione sociale: la maggiore possibilità di superamento dei test è determinata anche dalla possibilità economica di frequentare tali corsi”.

C’è inoltre il problema dell’innalzamento della soglia ISEE per la borsa di studio e dell’abolizione della figura dell’idoneo non beneficiario. “In condizioni particolarmente difficili vivono gli studenti pendolari – afferma la studentessa Tiziana Albanese, portavoce del Box3 autogestito della facoltà di Lettere e Filosofia – che non fruiscono di alcun supporto per le spese di trasporto e quelli fuori sede, che spesso rimangono esclusi dall’assegnazione di posti alloggio e sono costretti a rivolgersi al mercato degli affitti”.

Nel corso della protesta, oggetto di analisi e di critica è stata anche la particolare e specifica situazione che caratterizza gli atenei del Sud, “in questo quadro, le Università del Mezzogiorno e soprattutto quelle siciliane sono le maggiormente definanziate e, ahinoi, il principale effetto della mancanza di risorse e investimenti si risolve nell’ emigrazione di studenti e ricercatori verso i poli settentrionali ed esteri. Lottare per il diritto allo studio nella nostra terra significa anche fermare l’emigrazione forzata giovanile” conclude Tiziana Albanese.

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