Quando parliamo di caro voli, dovremmo tenere a mente un dato: ogni cittadino italiano, ha contribuito con 166 euro di tasca propria a questi dieci anni di salvataggi ininterrotti di Alitalia. Il conto complessivo per lo Stato supera già i 10 miliardi di euro. La parte della Sicilia dovrebbe ammontare a più di un miliardo tondo tondo. E’ sin troppo facile sostenere che con quella montagna di soldi, una compagnia tutta siciliana si sarebbe potuta creare. E da come vanno le cose, non è certo finita qui.
Dal punto di vista di un siciliano “volante”, che legami possiamo trovare tra la crisi della compagnia di bandiera ed il folle costo dei biglietti aerei? La storia ci ricorda che il primo collegamento aereo operato da Alitalia è stato un Torino-Roma-Catania: era il 5 maggio del 1947 . Più di settanta anni dopo, va ricordato che la posizione di Alitalia con la Sicilia, dal punto di vista di rotte, è sempre stata strategica. Pensate che soltanto questa estate i voli con la coccarda tricolore, da e per la nostra Isola, hanno trasportato quasi un milione di passeggeri.
Questo volume di traffico rende bene l’idea del risultato raggiunto dal sottosegretario ai Trasporti, Giancarlo Cancellieri che magnificava i 6000 posti aerei che la compagnia ha messo a disposizione per la Sicilia, nel periodo compreso tra il 20 dicembre e il 6 gennaio. Aiuterà di sicuro, ma per comprendere il dramma del caro voli, che nei fatti ci rende ostaggi dell’insularità, chi ci governa dovrebbe avere almeno chiara la dimensione del fenomeno.
Di sicuro, questa temporanea estensione delle tratte, non risolve il problema. Che è causato da miopia politica e da un mercato talmente impazzito, da costringere un importante operatore low cost come Vueling ad abbandonare gli scali siciliani, accusando Ryan Air ed Alitalia di operare in duopolio.
Non ci resta che sperare negli strapuntini aggiuntivi offerti per la Sicilia dai commissari di Alitalia. Con una certezza: la crisi della compagnia di bandiera non è certa risolta. In prospettiva, per il sistema Paese, e per la nostra Sicilia, potrebbe avere conseguenze persino più devastanti della vicenda Ex Ilva.
La colpa è della politica. Da anni, il governo italiano, in qualsiasi gradazione di colore, si arrocca sul tentativo di fare restare Alitalia un operatore globale. Certa gente è veramente strana. Venerano il mercato e blaterano di libero mercato, ma quando poi la realtà si presenta per quella che è non hanno il coraggio di affrontarla.
Nella guerra globale dei cieli, non c’è più spazio per un competitor pesante e asfittico come Alitalia. Hanno cercato di spiegarlo dapprima gli olandesi di Klm, poi i francesi di Air France ed infine le compagnie tedesche e statunitensi. Più tolleranti furono gli emiri di Etihad, ma sappiamo come è andata a finire.
Certo, negli anni, ad ognuna di quelle offerte andava fatta la tara, perché nessuno compra un colosso senza ottenere vantaggi concreti e solo per il piacere di farsi dettare business plan e strategie aziendali e sindacali da Palazzo Chigi. Perché questo è quello che accade ad Alitalia. Che piaccia o no ai politici, Alitalia resta competitiva soltanto se viene trasformata in un operatore regionale, dove per regioni vanno intese le macroaree geopolitiche del Mediterraneo.
Ecco, se la politica non fosse stata così miope, se non si fosse corso dietro a cordate fantomatiche, oggi Alitalia (come accaduto già in Svizzera e Spagna) sarebbe un fortissimo operatore mediterraneo. E vi assicuro che i biglietti aerei da e per la Sicilia costerebbero almeno tre volte di meno.
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