Strade vuote come in un film apocalittico, ai lati le auto parcheggiate e un’intera città avvolta in un silenzio innaturale. I rumori, il via vai continuo e il traffico tanto disprezzato, sono diventati assenze inquietanti che scavano nel cuore un solco di angoscia. Le auto non riempiono le carreggiate, le persone non affollano i marciapiedi e non si raggruppano davanti ai bar a chiacchierare.

Quella che appare in questo video girato da Davide Di Stefano è una Palermo ferita che ferisce chi la guarda. Impossibile riconoscersi nella desolazione delle immagini che scorrono mostrando cosa accade all’esterno o, meglio, non accade, mentre siamo reclusi in casa. Immagini simbolo di questa tragedia, come le bare impilate nelle chiese, le pagine dei giornali riempite di necrologi e la sofferenza di chi non ha potuto dare l’ultimo saluto ai propri cari, morti da soli in una stanza d’ospedale.

Il rapporto tra Palermo e i palermitani è segnato da una stretta dipendenza, una sorta di simbiosi che dà significato e definisce il volto della città. Oggi quel volto sembra sfigurato dal silenzio e dalla solitudine.
“Quando l’emergenza finirà niente sarà come prima” si sente ripetere con enfasi. Passa così un messaggio di rassegnazione al fatto che la vita sarà meno piacevole di prima, che il virus e l’isolamento lasceranno un residuo di inquietudine. E i primi tempi probabilmente sarà così. Tuttavia l’uomo si è rialzato da epidemie, catastrofi e guerre mondiali che hanno sì sconvolto l’umanità, ma hanno anche fornito lo slancio per migliorarla. Seppellire gli orrori e ricostruire sulle macerie con maggiore senso di responsabilità.

“Niente sarà come prima” non deve diventare la proiezione nel futuro dell’attuale stato d’animo, ma la visione di una nuova storia da scrivere assieme, nessuno escluso. L’occasione di ridisegnare la vita privata, il tessuto sociale e la politica col desiderio di perfezionare il modello preesistente.