Recovery fund per dummies, il titolo di Talk Sicilia

  • Armao: “tentare l’impossibile o la Sicilia è destinata a slittare verso l’Africa”
  • Per Vincenzo Paradiso, “prima di pensare ai ristori serve la consapevolezza dei cittadini per una svolta”
  • Con la pandemia l’Europa ha cambiato marcia e pensa alle aree in difficoltà
  • Alla Sicilia sono destinati 25 miliardi di euro
  • “Non è più la Ue di Juncker che pensava solo a far quadrare i bilanci


Recovery fund, ultima chiamata per la Sicilia: “Dobbiamo tentare l’impossibile o non ce la faremo. Chi governa oggi ha una responsabilità che non fa dormire la notte. Siamo in una fase in cui si stanno mettendo in campo degli strumenti che o saranno risolutivi o porteranno al definitivo slittamento della Sicilia, del Meridione italiano (ma anche di parte della Spagna e della Grecia) verso l’Africa. Ci giochiamo il futuro delle prossime generazioni“. Lo ha detto il vice presidente della Regione Siciliana e assessore all’Economia,  Gaetano Armao a Talk Sicilia.

Recovery fund for dummies

La puntata del talk show è stata dedicata alla lettura del “Recovery fund per dummies”. In pratica, il programma social ha tentato di spiegare in maniera semplice come funziona e cosa comporta questo intervento finanziario pensato dall’Unione Europea per contrastare gli effetti negativa della pandemia sul nostro sistema economico e sociale. Al talk ha partecipato anche Vincenzo Paradiso, manager ed editorialista.

L’Europa ha cambiato marcia

Per Armao, “L’Europa ha oggettivamente cambiato marcia nel sostegno alle aree più deboli dell’Unione. Già prima della Pandemia l’Europa era un malato grave. Le spinte antieuropeiste erano molto forti. Dalla Brexit ai paesi di Visegrad, per capirci. Oggi, l’Unione Europea on è più l’Europa di Juncker che pensava soltanto ai numeri. La Ue ha cambiato pagina ed ha aperto la strada per  politiche keynesiane. Insomma, il debito non è più il male in sé“.

Il vicepresidente della Regione non nasconde le insidie e le difficoltà di un percorso che dovrà essere rapido e deciso. Soprattutto perchè in ballo c’è il futuro delle prossime generazioni. “Questo programma di investimenti non si chiama Next Generation Ue a caso. Punta a creare un sistema di vita migliore per le prossime generazioni, ma si chiama così perché questo sforzo viene compiuto con delle risorse che dovranno essere ripagate proprio dai nostri figli e dai nostri nipoti“.

Per far ripartire l’economia, quindi, stiamo utilizzando le risorse delle nostre future generazione. Una responsabilità per tutti, per i politici e per i cittadini. “Se non facciamo crescere l’economia – sottolinea Armao – non saremo in grado di ripagare il debito che stiamo creando. Dobbiamo mettere mano ai nodi della nostra amministrazione“.

Armao fa anche i conti delle risorse che potrebbe avere a disposizione la Sicilia. Una somma pari a quasi 25 miliardi di euro da spendere in cinque anni. Ma riusciremo a spendere queste somme? Armao ricorda che la Sicilia riesce a utilizzare- con mille difficoltà – tra i 700/800 milioni di euro l’anno. Ora bisogna impegnarsi per un obiettivo 7 volte più grande. Riusciranno politica e burocrazia a non perdere questa occasione?

Non sarà semplice, ed Armao richiama tutt a un senso di responsabilità:  “Spesso gli incompetenti – i dummies – sono proprio quelli che dovrebbero mettere in campo queste misure. Il problema è che il livello di competenze della nostra amministrazione  – non solo la Regione ma parlo complessivamente di tutti gli attori istituzionali nei loro vari livelli – non sempre è affidato a persone capaci”.

I fondi che arriveranno dall’Unione Europea non saranno sufficienti senza la cittadinanza attiva. “Dovrebbe essere scontato – spiega Armao – ma purtroppo non è così. Ognuno deve fare la sua parte“.

Per Armao, il Recovery non è una chimera ma neanche la panacea di tutti i mali: “è una misura complessa che per funzionare ha bisogno di una cittadinanza attiva.  E’ una straordinanria misura finanziaria con risorse europee nazionali e regionali . Oltre al Recovery ci sara il Fondo complementare, dotato di altri 30 miliardi. Dobbiamo usare quelle risorse per affrontare i nodi strutturali del nostro ritardo. Gli indici che hanno determinato l’entita finanziaria così consistente  afavore dell’Italia sono la dimostrazione del divario che esiste con l’Europa. L’Italia è un paese malato e per questo Bruxelles ha deciso di intervenire in questo modo radicale. Nel caso della Sicilia,  poi, il divario con il resto dell’Europa si trascina da 170 anni. La Sicilia nel 1860, pur con povertà enormi e diffuse, era comunque tra le prime cinque regioni italiane. Oggi la nostra isola è tra le ultime in termini di consolidamento economico“.

Prima del Recovery serve un cambio di paradigma morale ed etico

Nella sua nota editoriale, Vincenzo Paradiso ha ricostruito il contesto storico di questa crisi economica e sanitaria, indicando il percorso virtuoso da intraprendere. “Prima di parlare di fondi europei dobbiamo avere la consapevolezza dei tempi che stiamo vivendo. Il contesto storico è quello di una crisi sanitaria che a memoria d’uomo non si ricordava. Il precedente, quello della Spagnola, l’abbiamo dovuto studiare sui libri di storia. E dobbiamo ricordare che dopo quella crisi sanitaria arrivò la devastazione economica del 1929, seguita dalla deriva delle dittature che poì portò alla seconda guerra mondiale. Dobbiamo fare in modo che la storia non si ripeta. Per questo, credo che sia un obbligo per ciascuno di noi dare significato al proprio comportamento. Abbiamo vissuto una crisi di sistema. Dalla giustizia alla sanità, Servono riforme e servono cambiamenti personali in ognuno di noi“. Una struttura etica e morale da ricostruire nella nostra società, dunque.

Questo viene prima delle risorse finanziarie che arriveranno – afferma Paradiso – non pensiamo a ristori che arrivano nelle tasche dei cittadini perché non sarà così. Le risorse europee servono per un cambiamento epocale, per una ristrutturazione del nostro terrtorio. Soltanto così potremo restituire attrattività alla Sicilia: una qualità che abbiamo perso negli ultimi venti anni. Questa volta non abbiamo tantissimo tempo per fare le riforme che servono. Le responsabilità ricadono anche verso il sistema delle imprese:  si aspettano le riforme per partecipare a questo percorso virtuoso, creando reti e sviluppo“.

 

 

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