“La sentenza con cui è stata accolta la mia istanza di riabilitazione costituisce, specie nelle sue motivazioni, un passaggio cruciale per la mia vicenda personale, familiare e sociale. In essa riconosco un’espressione estremamente significativa di quel valore della giustizia che durante la mia vita ho imparato a conoscere rispettare e custodire nella coscienza e nell’agire, al netto dei tanti errori compiuti, a partire dall’insegnamento dei miei genitori, dal percorso educativo scolastico e universitario e dalla mia formazione politica all’interno della Democrazia Cristiana. Un valore al quale la Costituzione assegna un ruolo cardine per la nostra convivenza civile, ancorandolo saldamente alla centralità della persona e della sua intangibile dignità” Lo dichiara il commissario regionale della Dc, Totò Cuffaro.
“Ho sempre ostinatamente creduto nella giustizia”
“La mia convinta e determinata difesa nel processo, il rispetto manifestato per la sentenza di condanna e il tratto fragile e tenace insieme con cui ho vissuto l’espiazione della pena in carcere segnano tappe altrettanto importanti, di una giustizia, in cui ho sempre ostinatamente e convintamente creduto, che in questi anni ho visto
prendere corpo sotto i miei occhi nella densità di volti, di storie, di errori commessi e sofferenze, così come di desiderio di redenzione, di perdono e di riscatto morale”, continua.
Le motivazioni dell’impegno politico con la Democrazia Cristiana nuova
“L’impegno politico della Democrazia Cristiana nuova nasce proprio dall’intima convinzione che quel patrimonio ideale del quale osservo la sorprendente attualità e di cui questa giustizia costituisce bagaglio inviolabile non è un repertorio del passato, da guardare con nostalgica rassegnazione, ma un formidabile strumento per rilanciare con
responsabile e consapevole protagonismo verso il futuro, peraltro carico di tanti incognite, i tanti giovani e le tante donne che in questi mesi ho incontrato desiderosi e determinati nel desiderio e nell’impegno di offrire il loro contributo per la costruzione del bene comune”, conclude Cuffaro.
La riabilitazione
L’ex presidente della Regione siciliana, condannato a 7 anni per favoreggiamento alla mafia, ha ottenuto dal tribunale di sorveglianza di Palermo la riabilitazione, provvedimento che fa cessare gli effetti penali della condanna.
Rimane interdizione perpetua da pubblici uffici
La riabilitazione, però, non consentirà a Cuffaro di superare lo scoglio della interdizione perpetua dai pubblici uffici stabilita nel verdetto e, quindi, di ricandidarsi. In forza della cosiddetta legge spazzacorrotti dovranno trascorrere 7 anni dal provvedimento di riabilitazione perché si estingua la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici quando il condannato “abbia dato prova effettiva e costante di buona condotta”. Contro il provvedimento del tribunale di sorveglianza presenterà opposizione il legale di Cuffaro, l’avvocato Marcello Montalbano, secondo il quale all’ex governatore non si sarebbe dovuta applicare la “spazzacorrotti”.
Le motivazioni dei giudici
Secondo i giudici del tribunale di sorveglianza, oltre ad aver scontato la pena, Cuffaro, “ha ritenuto di manifestare pubblicamente la presa di distanza dal fenomeno mafioso, dichiarando che ‘la mafia è una cosa che fa schifo. Lo continuo a dire perché quando l’ho detto qualcuno ha riso sopra, ma la mafia fa schifo ed è il più grande cancro che abbiamo in Sicilia’”.
L’ex governatore, inoltre, ha allegato alla sua istanza “una notevole mole di documenti da cui emerge un’importante e continuativa dedizione ad attività di volontariato e partecipazione a numerose iniziative legalitarie in difesa dei diritti dei detenuti”.
I magistrati citano i viaggi in Burundi, presso l’ospedale “Cimpaye Sicilia”, di Cuffaro che ha messo “a disposizione della comunità locale le proprie capacità organizzative e sanitarie al fine di favorire un più ampio progetto di assistenza e le raccolte fondi finalizzate alla realizzazione di progetti di sviluppo nel Burundi e nel Niger”.
E ancora Cuffaro ha “scritto tre romanzi col dichiarato intento di devolvere i proventi delle vendite a sostegno dello sviluppo di progetti di recupero a vantaggio dei detenuti nonché per la cura della sclerosi multipla”.
Infine il tribunale dà atto all’ex governatore di aver pagato tutte le spese processuali e di mantenimento in carcere e di aver versato alla Regione Sicilia i 158.338 euro a titolo risarcitorio che gli aveva imposto la Corte dei Conti.
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