Mentre all’Ars tra pause, liti e accuse, proseguono i lavori per approvare la Finanziaria con la relativa pioggia di emendamenti – ma si tratta sempre di una coperta troppo corta – per la Sicilia arriva una buona notizia rappresentata da una possibile fonte di introiti.

Si tratta di 500 milioni di euro derivanti dalla riscossione dei tributi che non dovranno più essere riversati allo Stato e che l’Isola potrà trattenere in forza di una sentenza della Corte costituzionale.

Una bella opportunità di autonomismo fiscale a gran voce richiesto da molti. La notizia, riportata dal quotidiano La Sicilia, è stata comunicata a Rosario Crocetta, prima in via informale e ieri con una nota ufficiale, dal presidente di Riscossione Sicilia, Antonio Fiumefreddo.

La società partecipata regionale, “in forza della sentenza della Corte costituzionale n. 31 del 27 gennaio 2016 intende trattenere il riversamento verso lo Stato essendo la Società impegnata nella lotta all’evasione, funzione che è stata formalmente riconosciuta, come per legge, dalla più alta magistratura dello Stato”, scrive l’ avvocato catanese al governatore.

In pratica la Regione Siciliana ha diritto a trattenere i suoi introiti da riscossione e non rigirarli allo Stato perché non sono entrate da nuovi fonti o da maggiorazioni, ma dall’esazione di tributi già esistenti. Questo il principio della sentenza 31/2016 della Corte costituzionale, riportata da ItaliaOggi, che ha dichiarato illegittimi i commi 1 e 1 -bis del decreto legge 66/2014 nella parte in cui si applica in Sicilia.

“Le tasse pagate dai siciliane restino in Sicilia per dare servizi e opportunità ai siciliani”, dice ancora Fiumefreddo. Ma c’è anche un’altra novità. Riscossione Sicilia, infatti ha deciso di trattenere “con la esazione delle tasse” i rimborsi che lo Stato e gli altri enti (fra i quali Inps e Inail) devono alla società “quali spese di esercizio del servizio, che, secondo un calcolo degli uffici della società, ammontano a circa 45 milioni di euro l’anno”. Una facoltà già prevista dalla legge, ma che la Sicilia non ha mai finora esercitato.

“Il rimborso delle spese – recita il decreto legislativo 112/1999, citato nella lettera di Fiumefreddo a Crocetta – maturate nel corso di ciascun anno solare e richiesto entro il 30 marzo dell’ anno successivo, è erogato entro il 30 giugno dello stesso anno. In caso di mancata erogazione, l’agente della riscossione è autorizzato a compensare il relativo importo con le somme da riversare”.

“Con delibera del 30 marzo 2015, il nuovo Consiglio di Amministrazione scrive il presidente di Riscossione Sicilia – aveva autorizzato la Direzione Generale a rendere esecutiva la facoltà prescritta dalla citata norma, sul presupposto che la suddetta autorizzazione fosse atto dovuto, attivando la trattenuta dei relativi importi rubricati a titolo di spese esecutive e spese di notifica delle somme riscosse e da riversare”.

In pratica, “verso tali Enti ed in particolare Erario, Inps, Inail e Comuni sussiste un credito di circa 45.000.000 di euro a titolo di rimborso per spese esecutive e di notifica delle cartelle, maturato negli anni”. E la nota prosegue: «Si comunica, pertanto, che si provvederà, come già comunicato nel nostro incontro del 2 febbraio, a trattenere – mediante compensazione con i riversamenti da effettuarsi in favore dei su menzionati Enti impositori – le somme maturate negli anni 2011/2014 a titolo di oneri dovuti per l’ attivazione delle procedure esecutive”.

“Infine, caro Presidente, giova sottolineare – scrive, non a caso, Fiumefreddo – come appaia a questo punto evidente quanto sarebbe irresponsabile da parte di alcuni assumersi la responsabilità della mancata ricapitalizzazione di Riscossione Sicilia, anziché il suo rilancio, poiché la perdita che ne deriverebbe per la Sicilia non avrebbe solo refluenza sui 702 dipendenti della società e sulla prospettiva della partecipata, bensì sarebbe devastante per la Regione che perderebbe oltre mezzo miliardo di euro di riversa mento l’anno, oggi trattenibili rispetto invece all’obbligo del passato di riversare allo Stato, abolito ora dalla Corte”.

C’è, però, il rischio che in applicazione dell’accordo firmato fra Crocetta e Renzi questi soldi non vengano trattenuti. una scelta che spetta al governatore che potrebbe decidere di onorare l’accordo e versare ugualmente allo stato queste somme oppure aprire un fronte di contenzioso dall’esito incerto proprio in virtù di quell’accordo.

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