Sarebbe un uomo di Cosa Nostra e per questo venne arrestato due anni fa nell’ambito dell’operazione Panta Rei dopo aver scontato un periodo di detenzione e uno di sorveglianza speciale per altri reati. Per questo Tpommaso cvatalano sarebbe socialmente pericoloso e destinatario di una misiura di sequestro beni. La Polizia di Stato gli ha sottratto, dunque, due appartamenti a Palermo e una villa a Trabia anche per la sproporzione fra i reditti noti e le proprietà.

il sequestro a carico di Tommaso Catalano, 57 anni è stato disposto dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, su proposta del Questore di Palermo.

In base all’informativa della questura Catalano sarebbe soggetto abitualmente dedito ad attività delittuose; annovera, scrive la polizia, moltissimi precedenti penali per reati in materia di armi ed in materia di stupefacenti, commessi dal 1985 ad oggi. Inoltre, nel 2003 è stato sottoposto alla misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale della Pubblica Sicurezza, con Obbligo di Soggiorno nel comune di residenza per la durata di due anni e sei mesi, iniziata ad essere scontata nel 2006 e terminata nel 2009, a causa del suo precedente stato di detenzione.

Ma il salto di qualità risalirebbe a un paio di anni fra quando Catalano, a dicembre del 2015, viene tratto in arresto nell’ambito dell’operazione denominata “Panta Rei”, unitamente ad altre 38 persone ritenute responsabili a vario titolo dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, traffico illecito di sostanze stupefacenti e detenzione illegale di armi.

In particolare Catalano, insieme al figlio Pietro e ad altri, è stato indagato per la sua presunta appartenenza ad un’associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, hashish e cocaina, tra la Campania e la Sicilia; reato, peraltro, aggravato dall’aver agito avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis ovvero l’associazione mafiosa e comunque al fine di agevolare “Cosa Nostra”, in particolare quella del mandamento mafioso di “Porta Nuova”, per il quale gestiva la rete di vendita, il procacciamento della clientela, l’importazione della sostanza stupefacente dalla Campania ed il mantenimento dei contatti con i fornitori.

Dall’attività investigativa erano emersi, secondo l’ipotesi accusatoria, fitti rapporti con i fornitori campani intrattenuti da Catalano, dal figlio Pietro e da altri appartenenti all’organizzazione. Nel corso di un colloquio intercettato, infatti, Ciro Spasiano, ritenuto un importante trafficante napoletano, parlando con Pietro Catalano raccontava che per la vendita delle partite di stupefacente sull’asse Campania – Sicilia preferiva mantenere rapporti esclusivamente con quest’ultimo e con suo padre.

Le indagini patrimoniali scaturite subito dopo l’operazione antimafia e condotte dagli investigatori della Sezione Patrimoniale dell’Ufficio Misure di Prevenzione della Questura di Palermo, hanno permesso di individuare e successivamente sequestrare beni per un valore stimato di circa 600.000 euro. Gli accertamenti patrimoniali avrebbero, infatti dimostrato che Tommaso Catalano ed i suoi familiari non disponessero di entrate lecite ed idonee per l’acquisto dei beni oggi raggiunti dal provvedimento del Tribunale di Palermo.

Nonostante la situazione reddituale dichiarata dal nucleo non fosse sufficiente a garantire il sostentamento familiare, attestandosi addirittura al di sotto della soglia di povertà assoluta, la moglie di Catalano aveva acquistato due immobili a Palermo ed una villetta nel territorio di Trabia (PA).

(Nella foto alcune intercettazioni che portarono all’operazione Panta Rei)