Confcommercio Palermo vuole vederci chiaro sulla ritardata conclusione dei lavori per l’anello ferroviario che stanno causando oltre ai disagi a cittadini e imprenditori, danni patrimoniali incalcolabili a questi ultimi, con una lettera di diffida al Comune, a Rete ferroviaria italiana e a Italferr. Una lettera di diffida che è anche una formale richiesta di accesso agli atti e alla documentazione, che Confcommercio Palermo porta avanti per valutare eventuali iniziative nei confronti dei soggetti responsabili dei ritardi, in modo da chiedere il risarcimento dei danni alle attività imprenditoriali cittadine.

 

Il termine ultimo per l’ultimazione dei lavori era stato fissato in 855 giorni dalla data di consegna, dopo che nel settembre 2009 Italferr s.p.a., in nome e per conto di RFI s.p.a., ha proceduto all’aggiudicazione definitiva in favore di Tecnis s.p.a. dell’appalto per la progettazione esecutiva e la realizzazione della prima fase funzionale della chiusura dell’anello ferroviario di Palermo, in sotterraneo, nel tratto di linea tra la stazione di Palermo Notarbartolo e la fermata Giachery e proseguimento fino alla fermata Politeama.

 

“Ormai è noto a tutti – dice la presidente di Confcommercio Palermo – che il termine ultimo dei lavori è stato ampiamente disatteso e questo ritardo ha prodotto gravi conseguenze non solo patrimoniali agli imprenditori palermitani che rappresentiamo, in particolar modo a coloro che operano nelle aree interessate dai cantieri e in quelle limitrofe, i quali tuttora versano in una situazione di grave incertezza rispetto ai tempi necessari per la normale ripresa delle loro attività. Non comprendiamo – aggiunge Di Dio – inoltre come mai ancora si continua a cedere aree di apertura cantiere alla luce di quanto è accaduto e sta accadendo  Esigiamo garanzie sul prosieguo dei lavori, in caso contrario il ripristino dello stato dei luoghi. Vogliamo, infine sapere chi è responsabile degli ulteriori ritardi, rispetto all’ultimo cronoprogramma pubblicato sul sito del Comune di Palermo, secondo il quale il completamento dei lavori è fissato nel mese di giugno 2018; e soprattutto chi deve pagare per questo insostenibile ritardo. Perché non è accettabile che si dica semplicemente “scusate, abbiamo scherzato”. Non si accettano più scuse – conclude Patrizia Di Dio – occorre che i soggetti che hanno responsabilità concludano le opere al più presto e paghino per i danni arrecati alla comunità”.