Salgono a 13 i casi di intossicazione da tonno a Palermo. Tutti si sono presentati nei pronto soccorso del capoluogo con gli stessi sintomi mal di testa, nausea, tachicardia e arrossamento cutaneo. Per tutti la diagnosi: avvelenamento da istamina e sindrome sgombroide.

Gli ultimi casi riguardano una giovane di 27 anni al pronto soccorso del Cervello, gli altri casi sono stati trattati recentemente dai medici di Civico e Policlinico.

Con gli stessi sintomi sono state ricoverate dodici persone, alcune delle quali componenti di uno stesso nucleo familiare che aveva acquistato tonno rosso tra le bancarelle del mercato storico di Ballarò.

Un altro paziente di mezza età è stato ricoverato e dimesso in poco tempo da Villa Sofia. Per lui una prognosi di pochi giorni e una terapia a base di cortisone e antistaminici. Anche il suo pescivendolo, secondo le prima informazioni, lavorerebbe dietro a una bancarella abusiva.

Già da settimana per guardia costiera, carabinieri, polizia e vigili urbani è iniziato il periodo “caldo” dell’anno, quello in cui – sempre più – i prodotti ittici privi di tracciabilità vengono esposti e messi in vendita tra le bancarelle (spesso abusive) dei mercati rionali di mezza città. Il problema per i consumatori non riguarda tanto (o quantomeno non riguarda solo) la documentazione che accompagna i tonni e altri esemplari che dal mare finiscono direttamente sulle nostre tavole, ma soprattutto il processo di conservazione degli stessi.

“Il tonno può provenire anche da pesca legale, ma se viene conservato male o la catena del freddo viene interrotta, il rischio di un’intossicazione da istamina aumenta notevolmente”, spiegano i Nas. L’istamina è una molecola che si forma negli organismi quando cominciano a decomporsi e che può causare seri problemi e che non viene superato con la cottura dei cibi. Dei vari casi è stato informato il dipartimento ad hoc dell’Asp che ora, insieme alle forze dell’ordine, intensificherà i controlli sanitari a tutela dei consumatori.

I consigli dell’esperto“

“I batteri istidogeni che si trovano nello stomaco dei pesci, per esempio, a contatto con gli amminoacidi contenuti nelle carni, fanno salire il livello istamina”, ha spiegato il dottore Antonio Vella dell’Istituto Zooprofilattico di Palermo. Si tratta di una molecola organica che, entro una certa soglia, non crea alcun problema ma può diventare nociva quando supera i 200 milligrammi per chilo. Gli effetti sull’uomo variano in base al dosaggio e al soggetto, causando sintomi come nausea, vomito, diarrea, bruciori e formicolii alle mani. “In questi casi – prosegue lo specialista – si consiglia di andare presso una struttura sanitaria per accertamenti, sopratutto se parliamo di anziani e bambini. Bisogna fare attenzione a cosa arriva a tavola e diffidare dai prezzi troppi bassi.

Acquistare a 5-6 euro al chilo è sconsigliato, un prezzo congruo può essere pari a 10-12 euro. Mentre le pescherie dovrebbero avere e mostrare all’occorrenza la documentazione, gli ambulanti riescono invece a sfuggire più facilmente ai controlli e spesso lasciano il pesce alla mercé degli agenti atmosferici, magari senza coprire adeguatamente con ghiaccio il pesce e permettendo sbalzi di temperatura che possono essere rischiosi. Circostanza possibile anche nelle pescherie dove a volte mettono un pesce intero in bella vista sul bancone, che all’orario di chiusura va nelle celle frigo prima di tornare in esposizione il giorno dopo”.

 

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