Nel sud Italia una persona su cinque dichiara di non aver soldi per pagarsi le cure, quattro volte la percentuale osservata nelle regioni settentrionali. Il dato è evidenziato dal Rapporto Osservasalute. Gli esiti di salute, “in particolare la mortalità prevenibile attraverso adeguati interventi di Sanità Pubblica – si legge nel Rapporto – sono drammaticamente più elevati al Sud. La Campania, e in particolare la Calabria, sono le regioni che nel quadro complessivo mostrano il profilo peggiore”.
Si evidenziano dunque, avverte l’indagine, “situazioni di buona copertura dei sistemi sanitari nelle regioni del Centro-Nord, mentre per il Meridione appare urgente un forte intervento in grado di evitare discriminazioni sul piano dell’accesso alle cure e dell’efficienza del sistema”.
Il Rapporto sottolinea che la spesa out of pocket (da parte dei cittadini) per la salute, negli ultimi anni è aumentata, mediamente, di circa l’8,3% (2012-2016) ma in maniera disuguale nel Paese. L’aumento è stato elevato nelle regioni del Nord, nel Centro i valori di tale spesa sono stati costanti, mentre sono diminuiti nelle regioni meridionali.
Nel decennio 2005-2015 “si è osservato un netto incremento della spesa privata (+23,2%, da 477,3 euro pro capite a 588,1), soprattutto nelle regioni del Nord. Tali regioni si contraddistinguono per alti livelli di spesa pubblica pro capite, buoni livelli di erogazione dei Livelli essenziali di assistenza Lea e quote basse di persone che rinunciano alle
cure”.
Tale evidenza può essere interpretata, sottolinea il direttore scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla salute
delle regioni Alessandro Solipaca, “come il risultato di scelte individuali di cittadini che, avendo la possibilità economica, preferiscono rivolgersi al settore privato, ottenendo un servizio più tempestivo o di migliore qualità. D’altra parte non va dimenticato che spesso la compartecipazione alla spesa richiesta dal settore pubblico è confrontabile con la tariffa del privato”.
Si osserva che a guidare la classifica delle regioni con la spesa privata pro capite più alta troviamo la Lombardia (608€), l’Emilia-Romagna (581€) e il Friuli Venezia Giulia (551€), che vantano anche strutture sanitarie pubbliche con standard qualitativi più elevati rispetto alle altre regioni. Calabria (274€), Campania (263€) e Sicilia (245€) chiudono questa graduatoria. Confrontando la situazione italiana con il contesto europeo, l’Italia è 13/ma in termini di quota di
spesa out of pocket e 7/ma con la quota più alta di persone che dichiarano di aver rinunciato a una prestazione sanitaria di cui avevano bisogno, quasi il doppio della media dell’UE.
In Italia si muore meno per tumori e malattie croniche ma solo dove la prevenzione funziona, ovvero principalmente nelle regioni settentrionali. Al Sud, invece, la situazione è opposta: il tasso di mortalità per queste malattie è infatti maggiore di una percentuale che va dal 5 al 28% e la Campania è la regione con i dati peggiori. A sottolinearlo è il direttore scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla salute delle regioni italiane, Alessandro Solipaca, in occasione della presentazione del Rapporto Osservasalute.
“E’ evidente il fallimento del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn), anche nella sua ultima versione federalista, nel ridurre le differenze di spesa e della performance fra le regioni italiane”. Ad affermarlo è il presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss), Walter Ricciardi, in occasione della presentazione del Rapporto Osservasalute. Riferendosi al gap tra le regioni italiane in termini di salute ed efficienza delle prestazioni del Ssn, Ricciardi rileva come “si tratta di differenze inique perché non ‘naturali’, ma frutto di scelte politiche e gestionali”.
È dunque “auspicabile – afferma – che si intervenga al più presto partendo da un riequilibrio del riparto del Fondo Sanitario Nazionale, non basato sui bisogni teorici desumibili solo dalla struttura demografica delle Regioni, ma sui reali bisogni di salute, così come è urgente un recupero di qualità gestionale e operativa del sistema, troppo deficitarie nelle regioni del Mezzogiorno, come ampiamente evidenziato nel nuovo Rapporto Osservasalute”.
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