Pasta con le sarde – sono buoni i bucatini conditi con finocchietto – e sfince con la ricotta a fine pasto. Per la festa di san Giuseppe il menu del giorno dei palermitani è d’obbligo. Sulle tavole non può inoltre mancare il pane.

La tradizione gastronomica accompagna le celebrazioni in tutta l’Isola. Uno dei momenti più attesi nelle parrocchie è la benedizione e distribuzione del pane, che sarà poi condiviso durante il pasto da tutta la famiglia o destinato ai bisognosi. Come i tradizionali “pranzi dei virgineddi”, antica usanza nei paesi dell’entroterra dove venivano imbastite tavole per i bambini poveri.

I tavulate”, grandi banchetti allestiti in onore al santo, sono occasioni di convivialità in molti paesi e borgate.

Ancora il pane è l’ornamento principale dell’”altarino di san Giuseppe”, costruito in casa dai monrealesi che, per una grazia richiesta o ottenuta, onorano il santo con un altare “ricamato” di pane.

Ma a Palermo sono protagoniste assolute  le sfince alla ricotta.
Il nome deriva dal latino “spongia” cioè spugna, e questi a sua volta dal greco “sfoggia”. Dunque frittelle morbide, gustose e asimmetriche, che sembrano delle vere e proprie spugne, vuote o ripiene di ricotta. Molti però fanno derivare il vocabolo dall’arabo “sfang” col quale viene indicata una frittella di pasta addolcita con il miele.

Anche Berlusconi ha mangiato oggi le “sfince” a Palermo.