Droga ed estorsioni nella zona dello Jatino sino a Palermo città, arrivano le prime 4 condanne in abbreviato. Il gup Maria Cristina Sala ha condannato, con lo sconto di un terzo della pena, Calogero Alamia a 12 anni, Maurizio Licari a 8 anni e 4 mesi, Giovanni Nicola Simonetti a 3 anni e 6 mesi, Nicusor Tinjala a 6 anni e 8 mesi. Sono tutti accusati a vario titolo di associazione mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, cessione di sostanze stupefacenti e accesso abusivo a sistema informatico. Riconosciuto anche un risarcimento del danno ad Sos impresa e Solidaria.

Il blitz nell’ottobre scorso

I quattro erano finiti in carcere nel blitz dei carabinieri, coordinati dalla Dda di Palermo, dello scorso ottobre e facevano parte, secondo l’accusa, del mandamento di San Giuseppe Jato e San Cipirello. Sono state accolte le richieste dei pubblici ministeri Bruno Brucoli, Dario Scaletta e Federica La Chioma. Nei confronti degli imputati, difesi dagli avvocati Giuseppina Gangi, Jimmy D’Azzò, Enzo Giambruno, Alessandro Campo, Eolo Magni e Andrea Oddo, sono cadute alcune aggravanti.

Le mani sugli appalti

Secondo le indagini gli imputati avrebbero messo le mani su alcuni appalti anche a Palermo chiedendo agli operatori economici la cosiddetta “messa a posto”. Gli arrestati avrebbero gestito lo spaccio di hashish fra i mandamenti palermitani di Santa Maria del Gesù e Porta Nuova e quello di San Giuseppe Jato. Un altro gruppo di imputati viene giudicato in ordinario.

Le basi dell’indagine

Secondo le indagini dei militari dell’epoca, sei degli arrestati nell’operazione Jato Bet farebbero parte della famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato. Le indagini sono andate a avanti tra il febbraio del 2017 e il novembre del 2019 coordinate dal procuratore aggiunto della Dda Salvatore De Luca. Le attività investigative dell’operazione Jato Bet, dei carabinieri del comando provinciale di Palermo, sono iniziate all’indomani degli arresti di Ignazio Bruno, capo del mandamento mafioso di San Giuseppe Jato e del suo autista e consigliere Vincenzo Simonetti eseguiti nelle operazioni ‘Quattro.Zero’ e ‘Montereale’.

Gli stretti contatti dal carcere

I due uomini d’onore, mentre si trovavano in carcere, avrebbero mantenuto contatti con gli altri indagati oggi destinatari del provvedimento cautelare che avrebbero retto le fila della famiglia mafiosa. In particolare, le comunicazioni avvenivano con Calogero Alamia (nipote di Antonino Alamia, elemento di vertice della famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato e già individuato quale ‘cassiere’ del mandamento mafioso, attualmente detenuto), e Maurizio Licari.

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