Migliaia di persone, difficile dire quante, in cammino, verso la grande montagna che sovrasta Palermo, Monte Pellegrino.
Tutti in marcia, per andare a trovare lei, la ‘Santuzza’.
E’ stata una lunga notte per i palermitani, che come da tradizione tra il 3 ed il 4 settembre, compiono l’ ‘acchianata’ a piedi verso il santuario di Santa Rosalia, nel giorno della sua ‘nascita al cielo’, avvenuta nel 1170 nella grotta dove sorge adesso la piccola chiesa e dove, cinque secoli dopo la morte, vennero ritrovate le sue ossa, che portate in processione dai palermitani lungo il Cassaro, liberarono la città dalla peste.

Quattro chilometri circa dalle falde alla cima della montagna, oltre 30 rampe in salita lungo la scala vecchia e il sentiero medievale di ciottoli. Un percorso fisico e spirituale, faticoso ed emozionante, che pare livellare le differenze sociali e accomunare le persone più disparate, che durante l’acchianata si incoraggiano a vicenda per meglio sopportare lo sforzo.

Per strada, verso la santa che amò profondamente l’umanità pur scegliendo di vivere nel nascondimento dal mondo per dedicarsi interamente alla vita contemplativa, si incontrano occhi che raccontano storie di gioia ma anche di profondo dolore, di riconoscenza e di speranza per il futuro.

C’è Paolo, che sta cercando di uscire dall’inferno della cocaina e tiene stretto tra le mani il rosario, “Neanche i miei genitori lo sanno – dice – solo Santa Rosalia mi può aiutare”; c’è Laura, una donna non più giovane in lotta contro il cancro che nonostante tutto sorride, sperando “di poter fare molte altre acchianatate”; ci sono Tiziana e Salvatore, con la loro bimba di qualche mese nata “dopo molti medici e tante preghiere alla santuzza”; c’è Roberto, che dopo anni in cui faticava a mettere insieme il pranzo e la cena, ha ottenuto un lavoro sicuro “perché ho obbligato – commenta ironicamente – date le tante volte che gliel’ho chiesto, Santa Rosalia a farmi la grazia. Mi avrà ascoltato per stanchezza!”.

Durante il percorso si fa amicizia con i compagni di rampa. E tra sconosciuti ci si ritrova a pregare insieme, ad intonare canti in onore della nobile fanciulla normanna che veglia su Palermo. Muniti di torce per illuminare il buio della notte, acqua e succhi di frutta, si prosegue.

Molti fanno l’acchianata a piedi scalzi, raddoppiando la fatica, per ringraziare la santa di averli esauditi. Ci sono anche tanti bambini, affascinati dalla montagna, che pongono mille domande ai genitori. Sono ancora troppo piccoli per avere coscienza della fede, e anche se camminare tanto a lungo li sfinisce, e continuano a chiedere “quanto manca all’arrivo?”, vivono l’avventurosa esperienza con gli occhi pieni di stupore che solo l’innocenza ha.

Decine le confraternite e le parrocchie partecipanti con i fedeli al seguito. Un gruppo di ragazzi porta in spalla un pesante fercolo di Santa Rosalia. “Veniamo da 7 anni – dicono – e continueremo a venire. La Santuzza per noi è molto importante e senza Dio non siamo niente”.

Imponente la macchina organizzativa dell’acchianata. Lungo il percorso oltre 60 volontari della Protezione civile, decine di uomini e donne appartenenti alla Croce rossa, 5 ambulanze, vigili urbani, forze dell’ordine.
Un’acchianata al santuario, quella di quest’anno, davvero speciale per i palermitani.

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A guidare il pellegrinaggio infatti, è monsignor Corrado Lorefice. “E’ la prima volta – dicono devoti e sacerdoti – che l’arcivescovo di Palermo sale a piedi al Santuario”.

Il percorso ha inizio proprio con le parole di Lorefice: “Sono qui – dice – perché dobbiamo fare una strada insieme, camminare fianco a fianco per diventare più umani, per voltarci a guardare chi ha perso la casa, il lavoro, chi è solo, chi è nostro fratello anche se spesso ce ne dimentichiamo. Troppe persone soffrono, pensiamo a quanto accade in Medioriente, avremmo potuto essere noi al posto loro. Preghiamo Dio affinché ci doni la pace e il sentimento reale della fratellanza”.

Per raggiungere il santuario servono circa due ore. C’è chi compie ancora un ultimo sforzo, percorrendo in ginocchio le scale che portano alla Santuzza.
A mezzanotte Lorefice celebra la messa nel grande tendone che ospita oltre 300 persone. “Qui si concentra la presenza di Dio – dice – perché ci troviamo in alto, più vicini a lui e da qui Santa Rosalia continua a dire ai palermitani di guardare sempre in alto”.

Si prega ancora. Si accendono i ceri votivi, si depongono, ai piedi della statua di Santa Rosalia, oggetti-simbolo della propria storia personale. Molte neo-spose lasciano il loro bouquet, altri portano foto di cari in difficoltà, lettere nelle quali la Santuzza diventa l’amica a cui chiedere aiuto o consiglio, ex voto che raccontano di guarigioni fisiche ritenute miracolose.

Un signore invita la lunga fila dei presenti a non accalcarsi e a mantenere l’ordine. Molti lo guardano incuriositi. “Io vi capisco – dice – anche se sono ateo. Sono venuto ad accompagnare mia moglie. Vengo ogni anno, perché, indipendentemente dal fatto che si creda o meno, a ciò che rappresenta Santa Rosalia per Palermo sono molto affezionato”.

E’ quasi l’alba al Santuario. La folla comincia a defluire, ancora a piedi o sugli autobus che riportano in città.
Si torna a casa, stanchi ma con un po’ più di coraggio nel cuore. Come quando si va a trovare qualcuno che ci ha ascoltati, che ha compreso quanto volevamo dirgli, che ha dissipato le piccole e grandi angosce con cui ognuno di noi convive. Si poggia la testa sul cuscino, è già un nuovo giorno. Ed è bello sapere che la Santuzza è sempre lì, sul Monte Pellegrino ad aspettarci.

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