Reintegrati tre dipendenti comunali al municipio di Belmonte Mezzagno. Impiegati nell’area tecnica e dei lavori pubblici e manutenzioni, erano stati rimossi dopo l’operazione dei carabinieri “Perseo” del 2008 e l’attività ispettiva del prefetto di Palermo nel marzo del 2011 sulle infiltrazioni mafiose nel Comune. Adesso in appello il consiglio di Stato ha messo la parola fine respingendo il ricorso presentato dal ministero dell’Interno.

La sentenza del Tar Lazio

Il ricorso era stato presentato contro la decisione dei giudici del Tar Lazio che aveva sentenziato di reintegrare i dipendenti. Gli impiegati comunali avevano ruoli direttivi. Si tratta di Agostino Benigno e Giuseppe Diliberto, assistiti dall’avvocato Giuseppe Ribaudo, e Antonino Buttacavoli, assistito dall’avvocato Giovanni Immordino. I tre avevano presentato ricorso contro la decisione di essere stati destinati ad altra funzione e poi licenziati per motivi disciplinari per i gravi fatti contestati.

Nessun provvedimento adottato

“I dipendenti hanno sempre ribadito che non hanno subito forme di condizionamento nell’esercizio delle loro funzioni – afferma l’avvocato Ribaudo -. In relazione ai procedimenti amministrativi contestati, dove sarebbero state commesse irregolarità nelle procedure d’urgenza nella qualità di incaricato del servizio lavori pubblici, i dipendenti non avevano adottato nessun atto preparatorio o istruttorio. Né tantomeno il conseguente impegno di spesa, non essendo responsabili, ed avendo redatto esclusivamente la relazione tecnica”.

I motivi nella sentenza di appello

Argomenti che sono stati accolti dai giudici di appello nelle motivazioni. “Dall’esame degli atti prodotti deve rilevarsi che le condotte addebitate al ricorrente, e sintetizzate nella scheda riassuntiva allegata al provvedimento impugnato, non presentano quelle caratteristiche di concretezza, univocità e rilevanza in ordine alle interferenze della criminalità organizzata nella gestione dell’ente comunale. Ciò sulla base di quanto richiesto dall’articolo 143 del testo unico degli enti locali ai fini dell’emissione del provvedimento di rimozione. Tutti gli addebiti sono infatti formulati con modalità estremamente generiche che, come tali, non assumono la concretezza e la specificità necessarie. Sia per evidenziare la sussistenza delle condizioni richieste per la rimozione, che per consentirne il vaglio critico ad opera del destinatario e dello stesso organo giudicante”.

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