E’ polemica sul disegno di legge approvato dalla giunta regionale e giunto in commissione Attività produttive per l’analisi prima della calendarizzazione in aula che riforma il sistema idrico in Sicilia.
La legge di riforma del settore idrico
Una legge che prende le mosse dall’esigenza di riordinare il settore dopo scandali e provvedimenti d’emergenza per evitare le interruzioni del servizio. Las norma in questione è stata approvata dalla giunta a inizio settembre. Una riforma che prevede l’istituzione di un unico Ambito territoriale, “comprendente l’intero territorio regionale, per garantire criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nell’interesse pubblico collettivo, e un razionale utilizzo della risorsa idrica”.
Una norma in 22 articoli
La proposta di legge si compone di ventidue articoli, con particolare attenzione alla governance, per arrivare anche all’adozione di una tariffa d’ambito regionale. Ma i detrattori appuntano l’attenzione sul fatto che gli acquedotti verrebbero sottratti a Sicilacque e di fatto si cancella la riforma del 2015 che era stata approvata dopo un referendum che aveva chiesto il ritorno alla gestione pubblica dell’acqua. Una marcia indietro che farebbe tornare verso la gestione in concessione ai privati in una regione dove il prezzo dell’acqua è già il più alto d’Italia.
L’assessore Baglieri smentisce e sgombra il campo
“Lo abbiamo detto più volte e lo ribadiamo: nessuna privatizzazione dell’acqua in Sicilia” con queste parole l’assessore all’Energia della Regione Siciliana, Daniela Baglieri, spiega la posizione del governo proprio sul disegno di legge già approvato dalla giunta in materia di risorse idriche nell’Isola.
Nessuna privatizzazione dell’acqua
“Da questo ddl scaturirà finalmente un vasto Piano di riqualificazione delle reti di distribuzione e una corretta governance delle acque. La proposta di legge – spiega la Baglieri – prevede l’istituzione di un unico Ambito territoriale comprendente l’intero territorio regionale, per garantire criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nell’interesse pubblico collettivo, e un razionale utilizzo della risorsa idrica. Nel rispetto di ciò che la Corte costituzionale ha già dichiarato, questo ddl non detta nessuna norma che disciplini la gestione della risorsa idrica in Sicilia ma cerca di ridisegnare una nuova regia”.
Tutelare e salvaguardare la risorsa di tutti
In conclusione “Il governo Musumeci, nel ribadire che l’acqua è un diritto di tutti i siciliani, continua nell’impegno affinché la risorsa idrica sia tutelata e salvaguardata in termini di sostenibilità e solidarietà. La regolazione pubblica è necessaria perché baluardo certo dei nostri diritti e della consapevolezza dell’importanza dell’acqua per la vita. Al tempo stesso, il presidio pubblico ha il dovere di garantire le migliori forme di gestione di questo bene, secondo criteri che ne assicurino l’accesso e l’erogazione come diritto fondamentale per le generazioni presenti e per quelle future”.
Ma Legambiente insiste nella polemica
“Si scrive acqua, si legge svendita e affari per SicilAcque”. Parafrasando uno slogan utilizzato durante il referendum per la pubblicizzazione dell’acqua del 2011, sembra proprio questa la finalità del ddl 1066 /21 sull’istituzione dell’autorità unica che, nei fatti, consegnerebbe a SicilAcque, la società monstre voluta da Cuffaro di proprietà della multinazionale Veolia, una posizione dominante nella gestione degli ingenti fondi pubblici del PNRR e della prossima programmazione europea. Timori e perplessità su questa paventata riforma che Legambiente condivide con chi, sindaci, associazioni e il Forum Acqua Bene comune, si è battuto in questi anni per affermare in Sicilia la risorsa acqua come bene comune e per garantirne l’accesso e il diritto anche ai meno abbienti – si legge in una nota dell’associazione.
“Occorre al più presto correggere le storture del sistema idrico siciliano dando compiuta applicazione alla legge 9/2015, rivendicando innanzitutto la correttezza degli adempimenti contrattuali in capo a Siciliacque sugli investimenti effettuati e sulle tariffe applicate dal 2016 ad oggi riconosciute illegittime dal CGA. La riforma proposta creerebbe ulteriori ritardi e confusione. Occorre, invece intervenire su una legge esistente – che Legambiente ritiene essere una buona legge – migliorandola e adeguandola alle necessità di una gestione della risorsa idrica più equa, razionale e sostenibile attraverso il coinvolgimento del settore urbano, civile, industriale e agricolo” conclude Legambiente.
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