“La storia è un pendolo” ed oggi l’Italia si trova a vivere le stesse crisi che erano in cima all’agenda di Enrico Berlinguer, segretario generale del PCI dal 1972 al 1984. Lo ha detto lo scrittore e giornalista Luca Telese, presentando a Terrasini (nell’ambito della rassegna letteraria “Un mare di libri”) la sua ultima opera, il saggio “La scorta di Enrico”, pubblicato per i tipi di Solferino.
L’Italia di Enrico Berlinguer
“Tante di quelle cose che ho raccontato nel libro sono tornate attuali. Negli anni della segreteria di Berlinguer l’Italia – racconta Telese – era alle prese “con l’inflazione, e quello che viviamo oggi è di nuovo il tempo dell’inflazione. Era il tempo della crisi petrolifera ed energetica ed oggi siamo di fronte nuovamente alla crisi del gas. Quello era il tempo della guerra e del conflitto tra grandi potenze che rasentava l’escalation, una parola che oggi sembra nuova ma invece è antica, perché nasce lì”.
Escalation nucleare, l’ultima ossessione di Berlinguer
Proprio il rischio di un’escalation tra i due blocchi dell’epoca, ricorda lo scrittore “era una delle ultime ossessioni di Enrico Berlinguer: l’ultimo giorno della campagna elettorale per le europee del 1984, se non fosse morto, sarebbe arrivato proprio qui in Sicilia, per parlare a Comiso, all’ingresso di quella base della NATO, dove erano stati schierati i missili a testata nucleare Cruise. Oggi la cronaca che arriva dall’Europa centro orientale ci riporta indietro a quei tempi, quando la guerra fredda era a un passo dal divenire conflitto nucleare.
Telese ci ricorda che “la storia è un pendolo”, e in questo momento siamo più vicini al sentiment di metà anni ottanta. Anche sul piano del confronto sociale e sindacale il giornalista e scrittore individua delle sorprendenti analogia tra la stagione segnata dall’Eurocomunismo di Enrico Berlinguer e i tempi che oggi stiamo vivendo. “Erano i tempi della scala mobile, oggi tutti gli analisti ci ricordano – e chi non lo dice, sbaglia – che gli stipendi degli italiani hanno perso il 21 per cento del potere d’acquisto. Siamo l’unico paese d’Europa in cui gli stipendi si sono abbassati.
“E dire che l’Unione Europea ha raccomandato all’Italia di introdurre un meccanismo simile alla scala mobile per combattere l’inflazione”, annuisce Telese. Quindi – è la precisazione di Telese – in questo saggio “non c’è apologia, e nemmeno agiografia. Solo un’asciutta e preziosa esattezza, in cui la normalità di quella classe dirigente, rispetto alla irresponsabile follia di quella presente, sembra davvero un bene rifugio”. Intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni, Luca Telese ci ha illustrato la sua opera, partendo proprio dal paragone tra le due classi dirigenti: quella di cui faceva parte il leader del PCI, e quella attuale, sottolineando che rispetto a oggi “è cambiato tutto“.
Il compromesso storico a casa Ruffino
Alla presentazione de “La scorta di Enrico” è intervenuto anche Giovanni Ruffino, ex preside della Facoltà di Lettere di Palermo, Accademico della Crusca e segretario della sezione di Terrasini del PCI, negli stessi anni in cui Berlinguer guidava Botteghe Oscure. Ruffino ha riannodato i fili della memoria per tornare indietro al periodo del compromesso storico, quando Aldo Moro ed Enrico Berlinguer dialogavano per giungere a quel passo decisivo che avrebbe garantito il principio dell’alternanza democratica in Italia. “A casa conservo ancora tutte le tessere della mia iscrizione al PCI – ricorda Ruffino – una delle quali riporta in calce la mia firma e quella del segretario Berlinguer. Ma a casa ho anche trovato le tessere della Dc dei miei familiari”. A quei tempi si dialogava, un clima diverso dalla rissa inconcludente che gli italiani oggi sono costretti a sorbirsi.
La scorta di Enrico, una famiglia allargata
Il libro di Telese ricostruisce la storia di Enrico Berlinguer, del Pci e dell’Italia, attraverso il racconto degli uomini della sua scorta. “Nel ricostruire questa storia, prima di ogni cosa – spiega – mi ha stupito vedere quasi un motto convergente e parallelo. Berlinguer viene da una famiglia importante: il nonno cavallottiano e fondatore della Nuova Sardegna, il padre avvocato che difende gli antifascisti… E lui che compie questa scelta di vita che lo fa diventare, come dico nel sottotitolo, popolo. Sceglie di avvicinarsi e di cambiare la sua situazione sociale. Si impone una disciplina, cambia le sue abitudini di vita. E allo stesso modo, questi operai, artigiani, è come se assumessero qualcosa di Berlinguer: il suo stile, il suo modo… educano i figli come lui. Quindi c’è questo scambio tra le due parti, che diventano una famiglia allargata“.
“Da quella storia possono nascere nuovi frutti”
I protagonisti di questa storia vengono dalla resistenza: al fascismo, alla violenza, alla fame. Hanno percorso vie diverse: dalle montagne partigiane alle catene di montaggio. Sono arrivati a una medesima destinazione: il Partito comunista italiano. Che a un certo punto delle loro vite si incarna nella figura di un uomo, Enrico Berlinguer. Questa è la loro storia, intrecciata a quella del loro leader. È fatta di tante vicende pubbliche – dalla primavera di Praga al golpe cileno, dalla rottura con Mosca all’attentato di Sofia – e di altrettante testimonianze private che illuminano vittorie e pericoli, scorci di confidenze e di intimità. Racconta gli anni al servizio di una missione, per il partito e per il Paese, che univa le famiglie di Berlinguer e dei suoi uomini in una paura fin troppo concreta, come dimostra il tragico destino di Moro e della sua scorta. E si allarga nella foto di gruppo di un popolo che nella stagione breve e folgorante di Berlinguer visse la propria appartenenza politica con un’intensità forse mai più raggiunta. «Quello emesso dalla scorta di Berlinguer non è il sospiro nostalgico per un passato che non tornerà mai: è il seme di una storia che oggi può far nascere nuovi frutti con il suo esempio. Una, dieci, mille, scelte di vita.»
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