Chiuso il cerchio attorno destinatari del provvedimento di custodia cautelare relativo dell’operazione “Sottosopra”, eseguita ieri dai carabinieri del comando provinciale di Catania.

Nella serata di ieri, i militari hanno infatti arrestato, dopo ininterrotte battute di ricerca, anche i due soggetti inizialmente irreperibili: Il 21enne Federico Giosuè Livoti e il 23enne Gioia Josè. Sentendosi braccati dai militari, si sono presentati spontaneamente: Livoti si è recato presso la caserma della stazione dei carabinieri di Librino, mentre Gioia ha bussato direttamente ai cancelli della casa circondariale catanese di Piazza Lanza. Successivamente all’arresto ed alle formalità di rito, entrambi i destinatari della misura di custodia cautelare in carcere sono stati posti disposizione dell’autorità giudiziaria.

L’operazione

Anche i loro nominativi sono infatti inseriti nel contesto di un’organizzazione criminale dedita al traffico di cocaina, crack e marijuana, che aveva come base operativa il complesso di edifici del civico 12 di viale Nitta, nel quartiere di Librino. L’associazione, organizzata su base piramidale e con ruoli ben definiti, avrebbe gestito contemporaneamente 3 distinte piazze di spaccio. Inoltre, le indagini hanno portato gli inquirenti a ritenere che la gestione e l’organizzazione del gruppo fosse stata affidata a Carmelo Antony Spampinato e ai fratelli Livoti, tra cui proprio Federico Giosuè.

Le accuse

Secondo l’accusa, il ‘giro d’affari’ avrebbe permesso al gruppo incassi per diverse migliaia di euro al giorno, provento dello spaccio di droga ad alcune centinaia di ‘clienti’. Tra i ‘servizi’ offerti dall’associazione anche la disponibilità di un intero appartamento, una vera e propria ‘Drug Room’, dove i clienti potevano drogarsi in tutta sicurezza, al riparo da occhi indiscreti. Fantasioso il linguaggio in codice utilizzato dai pusher per indicare le varie tipologie di droga: pacchetto di sigarette o cibo per cani per la marijuana. Utilizzato un linguaggio criptico, come una birra, mezza birra o una lampadina da 40 Watt, per indicare le quantità di cocaina.

Il sequestro degli appartamenti

I carabinieri stanno anche seguendo il sequestro preventivo di cinque appartamenti di proprietà dello Istituto autonome case popolari del complesso edilizio di viale Nitta 12 ritenuti utilizzati come base logistica” per l’attività illecita e in parte occupati abusivamente. Al centro dell’operazione ‘Sottosopra’ indagini, dal settembre del 2021 a ottobre del 2022, di militari dell’Arma della compagnia Fontanarossa coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia e dalla Procura per i minorenni di Catania.

Il cibo per cani e la mezza birra

L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e condotta dal Nucleo Operativo della Compagnia Carabinieri di Catania Fontanarossa nel periodo intercorrente tra settembre 2021 e ottobre 2022, sia mediante attività tecniche che attraverso le tradizionali attività di indagine quali osservazioni e pedinamenti, ha permesso di acquisire, allo stato degli atti ed in relazione ad una fase processuale che non ha ancora consentito l’intervento delle difese, elementi che dimostrerebbero l’esistenza di un’organizzazione criminale dedita al traffico di cocaina, crack e marijuana, operante in “regime di monopolio” nel complesso di edifici del civico 12 di Viale Nitta, nel quartiere di Librino.

Al riguardo l’associazione, organizzata su base piramidale, con ruoli ben definiti, avrebbe gestito contemporaneamente 3 distinte “piazze di spaccio”. Inoltre, le risultanze investigative hanno portato gli inquirenti a ritenere che la gestione e l’organizzazione di tale associazione sarebbe stata affidata ai fratelli Livoti e Spampinato, i quali avrebbero mantenuto costantemente i contatti con un pluripregiudicato catanese che nonostante fosse già detenuto in carcere per associazione per delinquere di tipo mafioso, si interessava in prima persona al traffico di stupefacenti.

L’attività degli investigatori ha anche consentito di decifrare il linguaggio in codice utilizzato dai sodali per richiedere lo spostamento delle sostanze stupefacenti dai depositi alle piazze di spaccio. In molti casi, infatti, si utilizzavano termini apparentemente insospettabili come “pacchetto di sigarette” o “cibo per cani” per indicare dosi di marijuana, o ancora “una birra”, “mezza birra” o “una lampadina da 40 Watt” per indicare cocaina e la relativa quantità.

Quanto alle piazze di spaccio, due dei siti di smercio della droga avrebbero avuto come base logistica alcuni appartamenti, riservati alla più rischiosa attività di cessione di cocaina e crack; una piazza di spaccio sarebbe stata gestita interamente su strada, nel piazzale interno del complesso condominiale, in quanto destinata alla compravendita di droghe leggere. La peculiare organizzazione caratterizzante il sodalizio prevedeva che le cessioni di sostanze stupefacenti avvenissero sia su strada (sotto), che ai piani più alti del complesso di edifici (sopra). Tutti questi luoghi, inoltre, sarebbero stati presidiati da una fitta rete di vedette, pronte ad allertare i pusher in caso di interventi da parte delle forze dell’ordine.