Si riaprono le urne a Corleone e a Palazzo Adriano, i due comuni in provincia di Palermo sciolti per infiltrazioni mafiose nel 2016.

Si vota domenica prossima per eleggere sindaci e consigli comunali che erano stati commissariati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. A Corleone, poco più di 11mila abitanti, è corsa a tre.

Ci riprova con la lista ‘Nuova luce’ l’ex deputato regionale Nicolò Nicolosi, 76 anni, che fu sindaco dal 2002 al 2007, fallendo in seguito il secondo mandato per appena tre voti, con una coalizione di centrodestra; politico di lungo corso, fece parte della Dc, fondatore del Patto per la Sicilia, poi nel Mpa di Raffaele Lombardo.

I suoi rivali sono Salvatore Antonio Saporito con la lista ‘Viviamo’ e Maurizio Pascuzzi del M5s.

Due i candidati a Palazzo Adriano, duemila abitanti: Nicolò Granà appoggiato dalla lista civica ‘SiAmo’ e Giuseppe Alessi sostenuto dalla lista ‘Noi ci mettiamo la faccia’. Stamani la commissione regionale Antimafia, guidata da Claudio Fava, ha incontrato a Corleone i commissari prefettizi che amministrano da due anni i due comuni che ora vanno al voto. “I tre candidati a sindaco di Corleone, da quello che abbiamo appreso, hanno bandito la parola ‘mafia’ dalla propria campagna elettorale. E questo ci preoccupa”, dice Fava. ‘

‘A Corleone – aggiunge – la riscossione dei tributi, totalmente inefficace, era affidato al cognato del boss mafioso Antonino Spera, capomafia di Belmonte; l’abitazione del boss locale Rosario Lo Bue, confiscata e assegnata al comune, da anni era stata lasciata nella disponibilità della famiglia Lo Bue; alcuni servizi comunali, esternalizzati con affidamenti diretti, erano stati affidati a imprese legate a famiglie mafiose; un’associazione che faceva capo al figlio di Bernardo Provenzano e che faceva promozione turistica del ‘mito mafioso’ del paese era ospitata gratuitamente in locali comunali; il servizio di raccolta dei rifiuti era affidato a un’impresa gravata da un’interdizione per mafia”.