Scrivere in un libro di testo, destinato agli studenti di scuola media, che la Sicilia è “mafiosa” e “parassita” dell’Italia non è diffamatorio ma rientra nel “principio della libertà di insegnamento garantita dalla Costituzione”. Non lo ha dichiarato il leader di un partito razzista ma lo ha stabilito con una sentenza shock la Corte di Cassazione.

Il tribunale supremo italiano si è pronunciato in merito alla richiesta di risarcimento danni per diffamazione presentata dalla presidenza della Regione Siciliana. L’azione legale è stata promossa nei confronti la Principato, nota casa editrice del volume di “Geografia libro GEO Italia – Le Regioni”, che diventa anche così  il besaglio di una campagna che invita tutti i docenti siciliani a boicottarla, non adottandone i volumi come libri di testo, finchè “non ritirerà il libro incriminato e chiederà scusa ai siciliani”.

Nello specifico, la Regione aveva chiesto un risarcimento proprio per il carattere diffamatorio delle espressioni contenute nel libro di testo, dove la Sicilia viene definita come una regione nella quale la mafia “impedisce di governare per il bene della collettività” e “il potere mafioso ha stabilito nell’isola un clima di violenza che avvelena i rapporti tra la gente, dissangua ogni attività economica e impedisce di governare per il bene della collettività”.

In primo grado il Tribunale di Milano aveva accolto l’istanza di risarcimento, e condannato editore ed autori del libro a versare 50 mila euro e a non ristampare i passi diffamatori. In appello la domanda risarcitoria è stata respinta. Infine è arrivata la conferma del verdetto da parte della Cassazione, che ha di fatto dichiarato legittimo il contenuto del volume.

“Apprendiamo con sgomento – sostiene il movimento Siciliani Liberi, promotore della campagna di boicottaggio della casa editrice – che la Corte di Cassazione ha stabilito che un libro destinato a studenti della scuola secondaria di I grado (quella che tutti chiamiamo ancora “scuola media”) che inculca pregiudizi razziali anti-siciliani, privi di qualsivoglia fondamento storico, sociale o politico, non può essere ritirato dall’insegnamento in quanto farebbe parte della libertà d’insegnamento”.

“Noi abbiamo l’obbligo intanto di fare sapere, almeno ai siciliani, le affermazioni lombrosiane che sono contenute in questo testo, e poi lanciare un’iniziativa pubblica a tutela della dignità prima di tutto degli studenti siciliani, che hanno tutto il diritto di crescere e di essere educati senza alcun “complesso di colpa” o “senso di inferiorità” che viene invece loro impartito sin dalla scuola per il solo fatto di essere Siciliani. Il fatto è gravissimo, e la Corte di Cassazione si è macchiata di una sentenza degna di un tribunale razziale”.