Con un minuto di silenzio in via D’Amelio, arriva al culmine l’intera giornata dedicata al Giudice Paolo Borsellino e alle altre vittime della strage, gli agenti della sua scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina. Nomi di persone morti per il bene e per estirpare qual cancro che ancora oggi attanaglia la società siciliana. Sono trascorsi ben trent’anni dal boato in via D’Amelio e ancora oggi la Giustizia non è riuscita a risalire alle piena verità dei fatti. Oggi a Palermo numerosi eventi tra cortei, spettacoli, incontri e tante parole pronunciate da politici, rappresentanti delle istituzioni e della società civile.

Una cerimonia nel segno del silenzio

Quella di oggi è stata una cerimonia in cui le polemiche hanno avuto la meglio sulle manifestazioni. E chiedono silenzio i familiari del giudice a giorni dalla sentenza sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio. Una sentenza che non ha stabilito la verità ma che non ha negato l’esistenza di un depistaggio su ciò che accadde quel 19 luglio del 1992. Quello che è certo è che poco prima delle 17, una forte esplosione scuote via D’Amelio a Palermo.

L’autobomba davanti la casa della madre

A saltare in aria è un’autobomba, una Fiat 126 rubata, caricata d’esplosivo e piazzata in prossimità del civico 21, davanti all’abitazione di Maria Pia Lepanto, madre di Paolo Borsellino, e della sorella del magistrato, Rita. È domenica e il giudice, accompagnato dalla sua scorta, si reca in visita dalla madre. Proprio mentre Borsellino si trova davanti al portone d’ingresso, viene azionato il telecomando che fa esplodere l’auto. La via si trasforma subito in un inferno: un forte boato risuona in città, tremano gli edifici, i vetri vanno in frantumi, c’è distruzione ovunque. Tra gli agenti della scorta presenti, sopravvive solo Antonino Vullo. Scompare anche l’agenda rossa del magistrato, contenente i suoi appunti. Anche questo un mistero rimasto fino ad oggi irriolto.

I Borsellino disertano le manifestazioni

I Borsellino non hanno preso parte alle celebrazioni.  “Avremmo voluto celebrare il trentesimo anniversario con una vittoria sulla mafia e quindi con la scoperta della verità, purtroppo sarà anche quest’anno solo un appuntamento rimandato”, ha detto Salvatore Borsellino, fratello del magistrato, in riferimento alla sentenza sul depistaggio che non ha ristabilito la verità.

L’appello di Mattarella per la verità

E di ricerca della verità ha parlato oggi anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del trentennale della strage di via D’Amelio. “Il suo ricordo impone di guardare alla realtà con spirito di verità, dal quale l’intera comunità non può prescindere. Quell’anelito di verità che è indispensabile nelle aule di giustizia affinché i processi ancora in corso disvelino appieno le responsabilità di quel crudele attentato e degli oscuri tentativi di deviare le indagini, consentendo così al Paese di fare luce sul proprio passato e poter progredire nel presente.Con questo spirito e nell’indelebile ricordo di Paolo Borsellino, rinnovo ai suoi figli e ai familiari degli agenti caduti, i sentimenti di gratitudine e di vicinanza dell’intero Paese”.

“Non rassegnamoci”

Una richiesta, quella della ricerca della verità, evidenziata anche da Maria Falcone, presidente della Fondazione Falcone e sorella di Giovanni, morto 57 giorni prima dell’amico Borsellino.    “Da cittadini – ha detto – abbiamo il dovere di non rassegnarci, di continuare a pretendere che sia fatta luce su uno degli episodi più gravi della storia recente: lo dobbiamo ai nostri caduti e al nostro Paese. Il tempo trascorso – conclude Maria Falcone – non sia un alibi per nessuno”.

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