C’era chi parlava al telefono con Massimo Carandente e Sabrina Fina durante il massacro di Altavilla Milicia. Lunghe telefonate durante le quali venivano messe in pausa le torture su Antonella Salamone, su Emanuel di 4 anni e su Kevin l’altro figlio seviziato. Dall’altro capo del cellulare, probabilmente,  c’era chi consigliava, dava disposizioni, spiegava alla coppia come infierire sulla donna e sui due figli. Una sorta di “santone” che ha avuto un ruolo nella mattanza nella villetta dell’orrore.

I tabulati e le chiamate

Secondo quanto scrive La Repubblica, i tabulati telefonici sono la chiave per scoprire chi c’era dietro la coppia di Sferracavallo e se è stato un massacro figlio solo del fanatismo religioso. Alcuni telefoni sono ancora in riparazione e ci vorrà tempo per conoscerne il contenuto. Solo dopo che la procura di Termini Imerese avrà a disposizione tutti i risultati dell’attività tecnica del Ris verranno risentiti Barreca e la coppia diabolica.Anche la procura per i minorenni è a caccia di nuovi riscontri.

Lo scenario inquietante di un “santone” che al telefono guida il massacro di Altavilla emerge anche dalle dichiarazioni di Giovanni Barreca. Il reo confesso ha raccontato al suo legale, allo psichiatra Caputo e alla criminologa Bruzzone di lunghe telefonate che ricevevano sia Carandente sia Fina.

Il ruolo della figlia

Ci sono troppi punti oscuri nella strage di Altavilla Milicia che devono essere chiariti, a partire dal ruolo svolto dalla figlia di Giovanni Barreca che potrebbe essere interrogata prima di Pasqua. Le sue dichiarazioni potrebbero portare a una svolta svelando altri particolari.

Sabrina Fina e Massimo Carandente hanno accusato lei e il padre di essere gli autori dei delitti e che, sempre loro, gli avrebbero impedito di chiamare il 112 per avvisare i soccorsi. Le indagini, però, potrebbero prendere una direzione precisa rispetto a ciò che la ragazza racconterà e in base ai riscontri sui suoi dispositivi elettronici. Per una precisa scelta degli inquirenti sarà ascoltata solo dopo che verrà ultimata la verifica su messaggi, chat e sugli spostamenti registrati nel cloud per capire fino a che punto ha detto la verità. Dovrà spiegare se è stata lei – come è stato ipotizzato – ad aver usato il telefonino fingendo di essere il fratello Kevin mentre parlava con un amico nei momenti più terribili del massacro e come mai non abbia invocato aiuto nonostante avesse a disposizione il cellulare. È certo che quando i carabinieri sono arrivati, lei dormiva e che, assieme, al padre ha scritto alcune frasi religiose sui muri con il pennarello rosso. Si era poi unita alle preghiere con i due «fratelli di Dio» e aveva anche preparato il pranzo e la cena assieme a loro.

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