Chi svolge una funzione pubblica non può ricevere solo applausi. Quando ciò capita, è buona prassi drizzare bene le antenne per capire cosa stia accadendo. Il primo a dover prestare attenzione è proprio colui che quella funzione la sta svolgendo e quegli applausi li sta ricevendo. E questa regola dovrebbe conoscerla bene anche Pasqualino Monti, autorevole presidente dell’Autorità del Mare della Sicilia Occidentale. Per anni alla guida di analoga struttura in quel di Civitavecchia.

Dopo aver portato a termine progetti ambiziosi in quel sito (il primo porto per Fiat Chrysler, tanto per fare un esempio), Monti venne travolto ingiustamente da polemiche ed accuse. Una macchina del fango in grande stile portò in scena una guerra senza esclusioni di colpi con al centro il sistema portuale di Civitavecchia. Le reti portuali sono, e lo saranno ancor più nel futuro, la colonna vertebrale del sistema industriale e commerciale del nostro Paese, soprattutto se veramente vogliamo puntare ad una dimensione mediterranea ed orientata ai sistemi globali. Proprio per questo quelle reti fanno “gola” alla politica.

Rispetto all’azione di Monti, vorrei fare il punto su quel che sta accadendo a Termini Imerese. Ci sono delle decisioni da prendere. Decisioni che influiranno sia in chiave globale, sia sul destino di specifiche realtà locali.

Devo ammettere che il presidente Monti, già da qualche mese, ha mostrato di essere particolarmente attento alle dinamiche del mio territorio. Ne sono buona prova le sue ripetute presenze ad incontri tecnici dedicati al futuro del porto termitano, mostrando buona volontà e cercando di aprire spazi di concertazione per proposte e soluzioni condivise.

D’altronde stiamo parlando di un asset dall’enorme potenziale. Purtroppo, però, va anche ricordato che oggi il bacino portuale di Termini Imerese, con la sua estensione di oltre 300 mila metri quadri, assomiglia più ad un fantasma che ad un modello di operatività. Ha un Piano regolatore magari datato ma esitato all’unanimità, dal Consiglio comunale del tempo. In questo caso, l’unanimità non è accondiscendenza ma la riprova di una chiara convergenza di tutte le forze politiche su un’idea di porto orientata su principi chiari e concreti. I paletti sono: uno sguardo allo sviluppo turistico, in quella parte che oggi possiamo indicare come waterfront, ed una proiezione sul fronte ovest riservata al commerciale: eco e speranza del rilancio di quel che resta di un sito industriale, indebolito dalla chiusura dello stabilimento Fiat.

Il fatto che il porto di Termini Imerese “meriti” di più ovviamente non è una responsabilità di Monti, a cui non si possono certo addebitare il collasso del sistema industria del termitano ed il decennale utilizzo parziale del bacino.
Ma che idee ha il presidente Monti per il porto di Termini Imerese? Cerco di essere sintetico e di non cadere in tecnicismi. In buona sostanza, l’Adsp della Sicilia Occidentale immagina di deviare sul porto termitano una consistente parte del traffico container via mare, da trasferire poi sul gommato. Stiamo parlando, secondo alcune stime, di una quota di quasi 600 tir (?) al giorno. Quei tir non sarebbero più movimentati da Palermo ma dirottati sulla città delle terme che, da anni, oramai è alla ricerca di un modello di sviluppo per drenare gli effetti devastanti della crisi indotta dallo stop produttivo del Lingotto.

Non sono d’accordo con Monti. Per niente, soprattutto sul metodo. Una comunità merita rispetto. E quindi, la proposta di revisione deve essere trasparente, motivata ed ufficialmente depositata. E non può essere sintetizzata utilizziamo quel che c’è e lo completiamo per fini commerciali ed il porto turistico: poi si vedrà sia per la localizzazione, sia per la copertura finanziaria per realizzarlo. Ed inoltre, le ragioni della revisione devono essere chiare così come gli effetti possibili, per poi attendere (non certo “sine die”) il libero pronunciamento dell’assemblea consiliare che sarà chiamata in libertà a scegliere il meglio per il futuro di Termini Imerese.

Giova da ultimo ricordare, che la gran parte delle risorse finanziarie a cui fa riferimento Monti per completare il porto di Termini Imerese, oggi nelle disponibilità dell’Adsp, provengono da accordi stipulati, datati e dedicati proprio al rilancio dell’area industriale. E quindi sarebbe un errore non tenerne conto.

Proprio per questo, ritengo giunto il momento che qualcuno, dai piani alti, medi e intermedi della politica, smetta di applaudire senza sosta il presidente Monti. E’ sicuramente un ottimo manager, ma ormai è passata l’idea di un suo “tocco di Mida”. Sulle scelte e sulle strategie dell’Adsp, almeno nel caso del porto di Termini Imerese, manca forse una dialettica seria e credibile. Si tratta di tempi e passaggi obbligatori, affinché si verifichi la connessione degli interventi proposti con il processo di reindustrializzazione del territorio di Termini Imerese che a settembre vivrà un altro appuntamento al Ministero dello Sviluppo economico. Il nesso tra area industriale e porto commerciale deve, eventualmente, essere concreto e leggibile altrimenti rischia quasi di sembrare che le strategie industriali per Termini, e il reimpiego delle tute blu ex Fiat e dell’indotto, siano ridotte alla stregua di mera subordinata della pur comprensibile esigenza di attenuare il traffico commerciale che ingolfa Palermo.

Negoziare un processo condiviso sul futuro del porto di Palermo ed anche del porto imerese definendo, una volta e per tutte anche la realizzazione dell’interporto, non potrà che arrecare benefici a tutti, rafforzando anche la leadership del presidente Monti. Se leggerà queste righe, sentirà l’eco di un vecchio adagio latino: timeo danaos e dona ferentes.

Per questa ragione, non ho applausi da tributare al presidente Monti. Posso offrire soltanto la mia stima e la mia disponibilità al dialogo. Da comune cittadino e con le mie idee sul futuro della sua città.

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