La crisi della produzione dell’olio in Sicilia e nel Mediterraneo e le possibili strategie per i produttori con l’aiuto degli strumenti politici. Di questo si è parlato  oggi a Mondello, alla 14esima edizione de “L’isola del Tesolio”, convegno promosso e organizzato dal Cofiol (Consorzio filiera olivicolo). Quest’anno il focus del convegno è una riflessione sui nuovi driver della filiera olivicola tra ricerca, innovazione e sperimentazione.

Olio, un “tesolio” messo a dura prova dal climate change

Il settore che sta vivendo una crisi drammatica.  In Italia la produzione dell’annata 2022-23 si avvicina al proprio minimo storico con circa 200mila tonnellate (all’inizio degli anni 2000 eravamo ancora oltre le 700mila).Una crisi globale che colpisce tutti i maggiori produttori di olio di oliva.   Le cause sono soprattutto strutturali ma anche legate alla contingenza. Probabilmente i tempi di raccolta avanzati nel corso dell’anno (tra ottobre e novembre e anche oltre) hanno fatto sì che la produzione olivicola vivesse l’intero impatto negativo della siccità, alla pari di altri settori, ma a differenza di altre produzioni, scontasse anche gli effetti del ritorno delle piogge autunnali. Infatti, mentre altri comparti dell’agricoltura, protetti dal caldo estivo, hanno subito pochissimi attacchi patogeni, l’olio d’oliva ha scontato anche la forte presenza, in varie aree produttive d’Europa della mosca olearia.

2023, l’anno nero per la produzione di olio d’oliva

Anche di questi aspetti e di come rilanciare il settore s’è discusso al convegno di Mondello. All’incontro hanno  partecipato l’assessore dell’Agricoltura, dello Sviluppo rurale e della Pesca Mediterranea, Luca Sammartino e Francesco Tabano (Presidente Federolio).Proprio Tabano ha  tracciato un quadro drammatico sul piano produttivo, sottolineando come “la situazione climatica del bacino del Mediterraneo ha fatto sì che nel 2023 la produzione di olio fosse estremamente scadente: sentiamo spesso dire che un buon olio non può costare al di sotto di una certa cifra, ma negli ultimi tempi stiamo assistendo ad annate in cui c’è poco prodotto e spesso neanche buonissimo”. Tabano evidenzia poi il paradosso per cui “quando il prodotto è quantitativamente limitato le percentuali di rischio di attacco da parte dei parassiti sono superiori, ma di fatto essendoci poco olio il prezzo va alle stelle”.

La strategia della Regione per salvare la filiera produttiva

Una possibile risposta arriva dalla politica, per Luca Sammartino, “la Regione sta investendo non solo nella filiera produttiva, ma anche nel bando dei frantoi per mettere al centro la meccanizzazione e rendere l’olio siciliano più adeguato alle sfide che lo attendono: è fondamentale sia scalare i mercati sia posizionarsi su un prezzo che possa rendere redditizio il lavoro di agricoltori e trasformatori. Grazie all’introduzione dei bandi si crea ricchezza e redditività intorno al prodotto: la filiera olivicola è un esempio di come i nostri produttori stanno riuscendo a mantenere il ciclo produttivo, ma anche a inorgoglire i mercati nazionali e internazionali”. L’intervento, aggiunge il vicepresidente regionale, è coordinato “con il governo nazionale, con misure apposite in legge di stabilità per venire incontro alle esigenze degli agricoltori e accompagnarli nel percorso di innovazione tecnologica e culturale. Il 2023 è stato un anno complicato per ciclo del tempo e cambiamento climatico, in più la bolla eccessiva di calore ha modificato quantità e qualità delle nostre produzioni: tuttavia abbiamo all’orizzonte un periodo florido, perché nel mercato internazionale l’olio siciliano va alla grande”.

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