Mai come nell’omicidio di Caccamo sarà l’autopsia a dare le risposte ancora mancanti sull’omicidio di Roberta Siragusa, la giovane uccisa a Caccamo nella notte tra sabato e domenica di una settimana fa.

Il delitto

Un omicidio davvero brutale che ha fatto piombare il piccolo centro della provincia di Palermo nel profondo sconforto. Un delitto che secondo la procura di Termini Imerese, diretta da Ambrogio Cartosio, è stato commesso dal fidanzato della ragazza Pietro Morreale di 19 anni. Dunque sarà l’esame sul corpo della giovane che dirà come è stata uccisa Roberta. Chiarirà dove è stato commesso il delitto. A che ora è morta la ragazza.

L’autopsia

Un esame complesso e decisivo che si terrà all’istituto di medicina le. Lo sa bene la procura e la difesa. Per il perito Alessio Asmundo, dell’istituto di medicina legale policlinico di Messina, nominato dal gip Angela Lo Piparo non sarà un lavoro semplice. Dovrà fronteggiare i consulenti degli avvocati della difesa di Pietro Morreale, Giuseppe Di Cesare e Angela Barillaro, il consulente della procura e il consulente degli avvocati Sergio Burgio e Giuseppe Canzone che assistono la famiglia di Roberta. Il quadro indiziario appare molto solido ma sono tanti, come si diceva gli aspetti da chiarire.

I misteri

Sin dall’inizio è sembrato tutto molto strano. I carabinieri, coordinati dal pm Giacomo Barbara, che sono arrivati domenica mattina a casa di Pietro Morreale hanno trovato sua stanza era in perfetto ordine.

“Nessun oggetto fuori posto, il letto rifatto, non c’erano abiti o altro — scrive il gip di Termini Imerese Angela Lo Piparo — la scrivania sembrava non essere mai stata utilizzata” . Immagini significative, sottolinea il giudice: “ Sono la rappresentazione plastica della precisa volontà di inquinamento delle prove”.

Tutto quell’ordine contrasta “con lo stato di turbamento emotivo e l’inevitabile trambusto della rivelazione ai genitori financo di quella verità che essi hanno detto essergli stata rivelata dal figlio: “Non l’ho uccisa io, si è data fuoco”. Il padre ha dichiarato ai carabinieri: “Non mi ero accorto dell’orario di rientro di Pietro. L’ho visto in pigiama e vestaglia, a letto” . E ha aggiunto: “Mio figlio mi ha raccontato le ultime parole della ragazza prima di cospargersi di fuoco: ” Ora ti consumo io”. E lui è svenuto mentre lei faceva quel gesto”.

Scrive il Gip

Parole che non convincono il gip. “Sono di tutta evidenza le contraddizioni in cui sono incorsi i familiari dell’indagato, che pure si potevano avvalere del diritto di astenersi dal rendere dichiarazioni”. Contraddizioni su “altri particolari non meno rilevanti e relativi agli orari in cui si sarebbero svegliati ed avrebbero ricevuto le confidenze del figlio”. Contraddizioni che sono diventate ombre pesanti.

“Non può escludersi — scrive anche questo il giudice nell’ordinanza con cui ha ribadito il carcere per Morreale — che l’indagato sia stato coadiuvato nell’azione successiva, relativa all’occultamento degli elementi di prova”. Chi ha aiutato Pietro? “C’è stato in realtà un tempo oscuro e sufficientemente lungo per cercare di fare sparire ogni traccia”. Alle 9,29 di domenica mattina Morreale si presenta con il padre e un avvocato alla stazione dei carabinieri di Caccamo e dice: “È successa una cosa molto grave”.

Ripete la storia che la fidanzata si è data fuoco e si è lanciata dal belvedere. Continua a dire bugie. Roberta aveva 17 anni, e tanti sogni che voleva realizzare. “Le immagini di ciò che è rimasto di lei lasciano sgomenti” , scrive anche questo il gip Lo Piparo. “Il corpo nella parte inferiore è pressoché integro, ma devastato in quella superiore. Il cranio appare rasato”. Il giudice ha chiesto che si faccia chiarezza.

“Dovrà essere accertato se tale circostanza è dovuta ad un fenomeno di combustione o ad un’orribile manifestazione di disprezzo e svilimento della identità femminile” . L’ultimo sfregio a Roberta. Mentre il fidanzato se ne stava a casa dicendo altre bugie, ”con una inedita indifferenza”. Ai suoi genitori disse che la ragazza si era suicidata. Alla madre di Roberta, che aveva accompagnato la figlia a casa intorno alle 2.

Il racconto degli amici

I racconti degli amici e dei parenti della diciassettenne uccisa sono la cronaca di un dramma che si consumava giorno dopo giorno. Ha detto il fratello di Roberta: “Pietro era aggressivo, e faceva uso di sostanze stupefacenti. Alcuni mesi fa, aveva fatto un occhio nero a Roberta dopo una lite per una canna che lei aveva buttato dal finestrino”.

La madre di Pietro ha invece quasi giustificato il figlio: “Pietro mi ha raccontato che lei lo aveva stuzzicato con dei pizzicotti, ne avevo parlato con la madre di Roberta, con cui avevo chiarito la situazione, la ragazza si era assunta la responsabilità di aver provocato la reazione del figlio”. Parole che il giudice stigmatizza, rilevando ancora una volta la violenza dei comportamenti di Pietro Morreale.

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