Un confronto tra due collaboratori di giustizia di peso, Giovanni Brusca e Gioacchino La Barbera, è stato chiesto dall’accusa al processo d’appello a Calogero Mannino imputato di minaccia a corpo politico dello Stato.
L’ex ministro viene giudicato in uno stralcio del procedimento sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Mannino ha scelto il rito abbreviato e ha rinunciato alla prescrizione. Per questo la sua posizione è stata separata da quella degli altri imputati.
In primo grado è stato assolto mentre sono stati condannati ex ufficiali dei carabinieri, politici come Marcello Dell’Utri, Massimo Ciancimino e boss come Leoluca Bagarella. Secondo l’accusa, l’ex ministro avrebbe innescato tramite i generali Antonio Subranni e Mario Mori una trattativa prima con Totò Riina e poi con Bernardo Provenzano per fermare un progetto di attentato nei suoi confronti. Ne hanno parlato sia Brusca che La Barbera ma, secondo il pg Giuseppe Fici, hanno fornito indicazioni diverse sui tempi del progetto di uccidere Mannino. Da qui la richiesta del confronto. L’accusa ha anche chiesto l’acquisizione di sentenze e atti di procedimenti su “aggiustamenti” di processi riconducibili alla tesi di una “trattativa” complessiva.
La difesa dell’ex esponente della Dc ha contestato le richieste del pg che comporterebbero, secondo l’avvocato Grazia Volo, un ampliamento ingiustificato del tema del processo. La corte, presieduta da Adriana Piras, scioglierà la riserva sul confronto e l’ammissione di nuovi documenti nell’udienza del 13 dicembre. La discussione dovrebbe cominciare invece il 14 gennaio 2019. Molto contrariato Calogero Mannino. “Ho scelto l’abbreviato – ha detto – per accelerare i tempi del giudizio. E ho reso dichiarazioni spontanee nella fase preliminare per lealtà processuale. Sono molto deluso”.
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