Erano stati vittima del phishing, la truffa informatica che si effettua inviando un’e-mail o un sms con il numero telefonico o il logo contraffatto di un istituto di credito o di una società di commercio elettronico, in cui si invita il destinatario a fornire dati riservati (numero di carta di credito, password di accesso al servizio di home banking, ecc.), motivando tale richiesta con ragioni di ordine tecnico. Una coppia si era vista portate via 5.500 euro.

E’ stata necessaria una battaglia legale lunga 10 anni per riavere indietro da Poste Italiane 5.500 euro, sottratti con una frode online. Una vicenda che vede coinvolta una coppia palermitana. I correntisti in questione, un commercialista palermitano e la moglie, si erano accorti che dal loro bancoposta era stato effettuato un bonifico di 5.500 euro a favore di un certo K.N., a loro sconosciuto. Dopo aver denunciato l’accaduto alla polizia, avevano chiesto alle Poste di risarcire la somma, ma con esito negativo. Per questo la coppia si è rivolta all’avvocato Alessandro Palmigiano, esperto nel settore della tutela dei consumatori e del mercato, che ha seguito la vicenda insieme all’avvocato Licia Tavormina.

La loro tesi si è basata sulla mancanza di adozione da parte di Poste di misure di sicurezza tecnicamente idonee e conosciute in base al progresso tecnico, a prevenire situazioni, come quella oggetto del contenzioso. Il corpo centrale dell’argomentazione era stata costruita su un paragone con il sistema delle poste svizzere (PostFinance), che da anni aveva attuato un programma di protezione solido, il quale prevede (e prevedeva a quel tempo) che, per operare sui relativi conti on line, fosse necessario, oltre all’inserzione iniziale di un numero, di una password e del nome utente, anche l’utilizzo di un apposito apparecchio di lettura nel quale inserire una carta con funzione di identificazione e dove immettere anche altri codici di identificazione.

Il Tribunale, in primo grado, nel 2011, aveva condannato Poste Italiane a rimborsare i correntisti per l’importo totale del bonifico illecito. Dopo il ricorso dell’azienda però, la sentenza era tornata all’attenzione della corte di Appello, che pochi giorni fa dopo 10 anni, ha confermato la sentenza di primo grado. “Sono lieto del risultato, ha affermato Palmigiano – anche se c’è voluto tempo, sono sempre stato convinto delle ragioni dei miei clienti e che potessero ottenere giustizia”.

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