La battuta più bella dei politici nei discorsi ufficiali o durante le campagne elettorali, adesso inizieranno le europee, è che la Sicilia deve vivere solo di turismo. La seconda che arriva subito dopo è che la Sicilia dovrebbe essere la Florida del Mediterraneo. Possiamo continuare con la valorizzazione dei prodotti e dei territori. Tutte affermazioni false perché non si fa nulla, ma proprio nulla per rendere concrete queste frasi.

I siciliani lo sanno. Non hanno bisogno degli studi di settore o i dati che vengono fuori dalle associazioni di categoria o dalle banche.

Per fare turismo ci vogliono i collegamenti. Strade e autostrade efficienti. Nei posti meravigliosi della nostra terra bisogna potere arrivare. Le autostrade siciliane e le statali sono in condizioni penose. Per non parlare delle strade provinciali quando ci si addentra per raggiungere i piccoli centri pieni di tesori.

I traghetti per le isole minori o per raggiungere l’isola sono de tutto inadeguati e i prezzi sono troppo cari. Anche sui collegamenti aerei si è fatto molto poco. Palermo Milano e Palermo Roma sono le tratte più care. Tutto questo non aiuta.

Eppure la Sicilia, per le bellezze naturalistiche e la ricchezza di beni culturali, meriterebbe di essere la prima meta italiana e fra le prime d’Europa.

Se solo venissero sfruttate le sue potenzialità secondo gli stessi criteri adottati, per esempio, in quella che noi con presunzione consideriamo la “povera” Polonia: una nazione che invece, in pochi anni, grazie ad una sapiente gestione dell’accoglienza, ad un’organizzazione “tedesca” delle città e dei servizi e agli incentivi per la delocalizzazione industriale, ha azzerato la disoccupazione e continua a reclutare altra manodopera da tutto il mondo.

Ma quali sono le reali potenzialità turistiche della Sicilia? A misurarle ci ha pensato UniCredit, in un’analisi redatta con Nomisma Pro.
Il primo dato conferma quanto appena scritto: la Sicilia è la decima regione italiana per numero di arrivi (4,4 milioni nel 2016) e la dodicesima per presenze (13,7 milioni) e i turisti stranieri sono solo il 44%, cinque punti meno della media nazionale che è il 49%. La Sicilia, caso unico nazionale, offre ai visitatori ben 32 circoscrizioni, cioè aree omogenee per caratteristiche di domanda e offerta turistica, ma (ed è il secondo dato critico) la concentrazione di esercizi ricettivi imprenditoriali è di appena 0,16 per kmq, a fronte di una media nazionale di 0,25. Solo Ragusa è al di sopra, con 0,35.

Si presuppone che gli aiuti pubblici vadano a sostenere dove c’è più affluenza da sviluppare, ma UniCredit si accorge invece che accade l’opposto: le aree che ricevono meno finanziamenti pubblici sono quelle di Agrigento, Piazza Armerina, Erice, Messina, le Eolie, Sciacca e Gela, mentre quelle più fortunate sono Enna e Caltagirone, cui si aggiungono altre meno tradizionali e affollate, dal Trapanese con le Egadi e Pantelleria fino a Ragusa. Tutto il resto, da Taormina a Catania fino a Palermo e Monreale è “nella media”.

Però, guardando alle potenzialità che UniCredit misura con uno “score” o punteggio, le località che ne hanno di più e sulle quali, quindi, una oculata politica turistica pubblica dovrebbe puntare di più, sono Taormina al primo posto con 78,1 di score, seguita da Giardini Naxos (72,7), le Eolie (59,6), Catania-Aci Castello (59,1), Palermo e Monreale (58,2), Siracusa (53,2), il Trapanese (53,1), Ragusa (52,3), Cefalù (51,2), il Messinese (48,8), il Palermitano (48,7), il Siracusano (47,3), il Catanese (47,2) e il Ragusano (46,5).

La potenzialità è una cosa da venire, la dura realtà cui ci porta l’analisi di UniCredit è che Taormina si colloca solo al decimo posto fra le mete turistiche più visitate, Giardini Naxos al diciottesimo, le Eolie al 68°, Catania-Aci Castello al 74°, Palermo e Monreale al 79°. Per guardarne altre, Siracusa si incontra al 129° posto, Ragusa al 139°, i Comuni del Messinese al 178°, quelli del Siracusano al 205°, quelli del Ragusano al 219°.

In conclusione, la Sicilia non ha un numero di strutture ricettive adeguato al fabbisogno di una terra che potrebbe occupare i primi posti della classifica delle mete turistiche internazionali, e la distribuzione dei finanziamenti pubblici a sostegno del settore non tiene conto delle potenzialità effettive dei territori che le ricevono. Due squilibri gravi che vanno corretti.

In Sicilia le presenze turistiche raggiungono i 14,7 milioni, con un aumento del 7,3% negli ultimi dodici mesi (+1 milione sul 2016), valore vicino al massimo storico del 2014 di 14.704.926 presenze e il massimo storico di 4.857.542 arrivi (+449 mila sul 2016, pari al +10,2%). L’Isola si posiziona in decima posizione tra le regioni italiane per numero di arrivi, che rappresentano il 3,9% dei turisti che hanno effettuato un viaggio in Italia, e al 13° posto, per numero di presenze, che rappresentano il 3,5% del numero complessivo di notti trascorse dai clienti negli esercizi recettivi presenti in tutta la Penisola.

L’80,1% dei clienti – dice Confartigianato – trascorrono le notti in esercizi alberghieri, il 6,2% in alloggi in affitto in forma imprenditoriale, il 5,5% in bed and breakfast, il 4,1% in campeggi e villaggi turistici e il 2,9% in agriturismi. Nell’ultimo anno si registra un incremento a doppia cifra per presenze in bed and breakfast (+23,9%), in alloggi in affitto a gestione imprenditoriale (+20,2%), in agriturismi (+15,8%) e in campeggi e villaggi turistici (+14,4%).

Le province più gettonate 

Nel 2017 le presenze turistiche in Sicilia sono concentrate in particolare in provincia di Messina (23,8%), Palermo (20,3%), Trapani (15,8%) e Catania (14,2%): in queste quattro provincie si addensa il 74,1% del totale delle presenze registrate nella regione e il 2,6% di quelle nazionali.
La quota di presenza di stranieri supera il 50% a Messina (61,6%) e Palermo (57,1%). Per tasso di turisticità primeggia Messina con 5,5 presenze/ab. e Trapani con 5,4 presenze/ab.
Di certo c’è che si tratta di un settore in buona salute, testimoniato anche dai numeri positivi che arrivano dagli aeroporti di Catania e Palermo, le due principali porte d’ingresso per la Sicilia. A Fontanarossa il bimestre luglio-agosto ha fatto salire il numero di passeggeri in transito a oltre due milioni, con un +7% rispetto allo stesso periodo del 2017.
Cifre che potrebbero consentire allo scalo etneo, guidato dalla Sac, di insidiare le posizioni di Napoli-Capodichino e Milano-Linate nella classifica degli aeroporti italiani.

Buone notizie anche dal Falcone-Borsellino, che con l’agosto appena chiuso si appresta a festeggiare il suo record assoluto: 735mila passeggeri che valgono un +16% rispetto allo stesso mese del 2017.

E’ stata l’estate del turismo, per la Sicilia.

E a confermarlo, stavolta, arrivano i dati di Bankitalia. Secondo il report trimestrale di Bankitalia, nel periodo gennaio-giugno di quest’anno sono arrivati nell’Isola un milione e 942mila visitatori stranieri, in aumento di quasi 300mila unità rispetto al primo semestre 2017, ma il “grosso” è giunto solo nel secondo trimestre, ben 1 milione e 526mila turisti, proprio quei 300mila in più (su un milione e 217mila del secondo trimestre dello scorso anno) che hanno fatto la differenza con i primi sei mesi di un anno fa. Stesso discorso vale per la spesa, che è stata di 770 milioni da gennaio a giugno, di cui ben 627 milioni da marzo a giugno, e comunque in aumento, nel trimestre, di 40 milioni e, nei sei mesi, di quasi 50 milioni sugli stessi periodi del 2017. L’incremento finanziario di gennaio-marzo è stato di poco più di 10 milioni.

Per quanto riguarda i pernottamenti, anche in questo caso preponderante è stato il contributo del secondo trimestre (sul totale di 3,4 milioni, ben 2,8 milioni di notti si sono registrate da marzo a giugno), e quest’anno gli stranieri si sono fermati in proporzione più notti solo nell’ultimo periodo (+300mila nel secondo trimestre, ma appena 110 mila notti in più sul semestre 2017).
Le prospettive, se continua l’attuale trend, sono di una chiusura d’anno in forte crescita. La Banca d’Italia ricorda che la spesa degli stranieri in Sicilia nel 2016 era stata di 1,4 mld, salita a 1,7 mld nel 2017 (+23,6%); se si guarda ai due trimestri di quest’anno, nel primo si è incassato 143 milioni, cioè 10 in più rispetto al primo trimestre 2017; e nel secondo addirittura 627 milioni, una cifra ragguardevole a confronto con i 532 milioni del secondo trimestre 2017 e quasi il doppio rispetto ai 369 milioni del secondo trimestre 2016.

Fanno ben sperare anche gli arrivi. Tutto il 2016 si era chiuso con 3 milioni e 429 mila viaggiatori stranieri nell’Isola, il 2017 con 3 milioni e 774 mila (+10,1%). Il primo trimestre 2018 vede 416 mila presenze contro 396 mila dello stesso periodo del 2017; da marzo a giugno 1 milione e 526mila contro 1 milione e 217mila, dunque in forte recupero anche su 1 milione e 141mila del secondo trimestre 2016.

Il punto di forza, però, potrebbe essere rappresentato dal numero di pernottamenti: il record storico del secondo trimestre di quest’anno, 6 milioni e 656mila, guarda indietro ai 5milioni e 386mila del secondo trimestre 2017 e ai 3milioni e 407mila dello stesso periodo del 2016, anno che si chiuse con 14milioni e 211mila notti, cui ne seguirono 19milioni 105mila l’anno successivo (+34,4%). Puntare al raddoppio di questi risultati avvicinerebbe finalmente la Sicilia turistica a mete mediterranee più piccole e molto meno dotate di attrazioni, ma che riescono a fare numeri dieci volte superiori alla nostra Isola.

Di tutto questo e tanto altro si è parlato nella prima puntata dell’undicesima edizione di Botta e Risposta la trasmissione di Claudio Di Gesù Botta e Risposta. Il tema della puntata è “Cosa frena il turismo in Sicilia?”. Hanno partecipato Toti Piscopo,  Fabio Teresi, Nicola Farruggio, Daniela Marino, Gerino Sanfilippo,

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