“Per adesso tutti voi mi fate i dispetti, ma Dio ve la farà pagare”, diceva un’anziana ospite a uno degli assistenti sanitari della casa di riposo in cui stava. “Il Signore a te sta pensando…”, le rispondeva il suo interlocutore.
E’ uno dei numerosi dialoghi emersi durante le investigazioni dei carabinieri di Monreale che due giorni fa hanno arrestato nella casa di riposo di San Giuseppe Jato G.B. e F.S., due operatrici di 55 e 60.
L’inchiesta è servita a tratteggiare, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare, un quadro di “prevaricazione e sopraffazione nei confronti degli anziani” che ha costretto gli investigatori a intervenire quanto prima per tutelare l’incolumità della vittima (o delle vittime).
Le due donne originarie di San Cipirello sono state sottoposte alla misura cautelare dei domiciliari ma le indagini, durate poche settimane, hanno permesso di entrare dentro la struttura assistenziale per scoprire cosa succedeva realmente la sera o alle prime luci dell’alba. Quella che è venuta fuori in pochi giorni di riprese e captazione audio con le microspie è una “cattiveria – scrive il gip – tipica di chi è aduso a tali condotte” da considerarsi “frutto di un radicato malanimo nei confronti della donna”.
Tutto è iniziato quando i figli di una ospite 76enne della struttura hanno iniziato a notare alcuni strani lividi nelle braccia e sulla testa della donna. Alla richiesta di chiarimenti ha risposto la madre superiora che gestiva la casa di riposo sostenendo che l’anziana si fosse procurata gli ematomi sbattendo qua e là mentre camminava.
Se in un primo momento i familiari avevano deciso di fidarsi, non avevano potuto fare altrettanto nel periodo in cui la donna era ferma a letto per via di una frattura del femore. Ed è allora che la famiglia ha deciso di sporgere denuncia ai carabinieri allegando video e altre informazioni utili.
I militari hanno installato delle microspie che in soli tre giorni hanno ripreso l’atteggiamento adottato dalle due “operatrici spregiudicate”. Appena dodici ore dopo la prima conferma. Alle 5.25 G.B. entra nella stanza per lavare e cambiare la 76enne. “Si notava che mentre l’anziana era in piedi, al lato del letto, l’assistente la afferrava per i corti capelli bianchi all’altezza del nuca e la scuoteva per alcuni secondi”, scrive il giudice facendo notare come l’operatrice stesse addirittura digrignando i denti. Stesso atteggiamento il giorno dopo quando la seconda operatrice, F.S., entra in stanza per il pranzo. L’anziana si muove e l’assistente infastidita – ricostruiscono gli inquirenti – le dà un pizzicotto sulla mano.
Di analogo violento tenore anche le registrazioni audio in cui si sentono altri operatori, al momento non identificati, utilizzare epiteti raccapriccianti. “Tutte cose levate hai, pezza di tro…ah! Sei una tro… sei”. E l’anziana rispondeva con un filo di voce: “No no no no no”. Un altro dettaglio ha colpito il gip che nell’ordinanza fa notare come l’anziana, di fronte alla operatrice pronta a farle un’iniezione, si sia portata le braccia al volto quasi a volersi proteggere, “come se fosse abituata ad essere colpita”. Quanto accertato sino ad ora dai carabinieri però sembra essere solo l’inizio di un’indagine che presto potrebbe espandersi per chiarire le responsabilità di tutto il personale impiegato in quella struttura.
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