Il romanzo di Davide Camarrone appartiene ad un tempo che è fuori dal tempo, dicendo di un naufragio e dell’incontro su un’isola al centro del Mediterraneo tra diversi personaggi letterari. Una Tempesta che conduce a Bintarriah, Pantelleria, l’isola dei venti: teatro di un rivolgimento straordinario. “Tempesta” attraversa l’ultima opera teatrale shakespeariana, trascinando con sé lingua ed emozioni e non trattenendo pressoché nulla del testo originario. In “Tempesta”, la lingua del tempo di Shakespeare incontra altre letterature ed altri autori, contemporanei.

La storia prova a dire di tante drammatiche navigazioni; della sfida alla morte e del compiacimento nel lanciarla; di un naufragio e di incontri e ricerche che ad esso succedono, della disperazione, del pentimento e di un tragico riconoscimento.

“Dalle sorgenti dei suoi occhi strariparono lacrime e il limo dilagava sulla terra come l’ombra s’allarga al tramonto, le lacrime mischiandosi alle polveri che sfarinavano dal banco di lava e fertilizzavano le terre nerissime dell’Isola, coperte di uve di zibibbo e limoni piegati dallo scirocco fra corone di pietra e rosmarino”.

Davide Camarrone è nato nel secolo scorso, due anni prima del terremoto, e ha cominciato a scrivere per il fascino del ticchettio di una Remington e di una Olivetti, a casa dei nonni. Ha letto sui prati e sotto gli alberi, sui divani e ovunque potesse fermarsi per più di un minuto e tirar fuori un libro dalla tasca. Ha scritto per giornali e riviste finché scrivere non è diventato il suo lavoro. Ha pubblicato romanzi e reportage tutti egualmente amati, belli e stortignaccoli, e ha fondato e dirige il Festival delle Letterature migranti, a Palermo, dove è tornato a vivere poco più di vent’anni fa. Suoi sono Lampaduza, L’ultima indagine del Commissario, Questo è un uomo, I maestri di Gibellina e Lorenza e il Commissario (Sellerio), I Diavoli di Melusa e Sbirra (Rizzoli), Sherlock Holmes e il mistero del Prince college (Leima).