Segretario regionale uscente del Pd, in origine ‘giovane turco’ poi uomo della sintesi politica interna ed ex mediatore tra Crocetta e il suo partito, nonché, da ultimo, inatteso simpatizzante dei Partigiani Dem, l’ala riformista del Pd (con sorpresa di molti). Nonostante la giovane età, è lunga la carriere politica di Fausto Raciti, che ribadisce la sua appartenenza al Pd nonostante la inequivocabile volontà di non ricandidarsi alla segreteria regionale. Ma dove sta andando il Pd siciliano? E le vicende nazionali del partito, che lasciano presagire solo scontri e divisioni, a cosa porteranno? Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Raciti.

Dopo il suo abbandono della segreteria regionale c’è stata un po’ di confusione. Lei ha parlato di “quattro anni difficili e logoranti”. Perché?

Nessun abbandono: ho detto che non mi ricandido. Sono stati quattro anni difficili, si. Perché è stato quasi impossibile dare al Pd e al governo regionale un’unica direzione di marcia. Quattro anni di bolla in cui ci siamo sentiti destinati al governo, e non era così.

Si va verso il congresso regionale per il Pd…quali vorrebbe che fossero i risultati di questo incontro?

Intanto rimettere in piedi un partito, oggi senza sede e senza dipendenti. Le sembrerà minimalista, ma questa condizione è il riflesso di un partito dove sono rimasti solo quelli che hanno incarichi istituzionali, e non va bene. Poi vorrei che il Pd si intestasse davvero la rappresentanza di quelli che si sentono all’opposizione dell’esecutivo gialloverde e del Governo Musumeci, che sono ben di più di quelli che ci hanno dato il voto nelle ultime tornate elettorali.

In molti sono rimasti stupiti dal suo avvicinamento ai Partigiani Dem. Come si sente di commentare?

Avvicinamento non è la parola giusta, perché presuppone che prima eri lontano. Ciascuno ha il proprio ruolo, cosa che da luogo a comportamenti politici diversi, ma credo che quell’esperienza possa dare molto al Pd. Vedo una scarsissima consapevolezza del punto a cui si trovano il Pd e l’Italia: siamo ad una specie di prefascismo. Notabili locali, opportunisti in cerca di carriera e anche grandi interessi cercano il patto di convivenza con il nuovo potere. Serve qualcosa di più forte del gioco di riposizionamenti interni.

E’ certo che il Pd si trova ad affrontare una fase di grandi cambiamenti ed anche divisioni. Cosa spera, o si augura che accadrà?

Mi auguro che sapremo costruire un forte contrappeso alla spinta autoritaria e oscurantista che si è messa in moto partendo da due certezze: nessuno sconto ai nazional-populisti e la necessità di portare l’Europa fuori dalla autolesionista stagione dell’austerità e degli automatismi.

E a chi parla di ‘implosione’ del Pd cosa si sente di rispondere?

Che se non c’è il Pd avremo una partitino di centro liberale alla Monti, non Macron, e un partitino di sinistra a inseguimento dei 5stelle, non Corbyn o Tsipras. Quindi dico che va evitata in ogni modo perché oggi liberali e socialisti hanno grandi ragioni comuni.

Mirello Crisafulli ha speso parole di apprezzamento per Luca Sammartino definendolo il segretario giusto. Cosa ne pensa e quali sono, a suo avviso le caratteristiche che il segretario regionale del Pd deve avere?

Crisafulli fa una proposta che mette sul piatto di una discussione collettiva. Lo rispetto come ho sempre fatto. Trovo insopportabile però che gli venga attribuito il ruolo di mio megafono o che vengano accreditati ordini di scuderia romani che non ci sono né ci sono mai stati. Si sono messi al lavoro biliosi che sibilano queste scemenze perché hanno il concreto problema del proprio ruolo nel prossimo futuro.

Qual è a suo avviso il futuro del Pd in Sicilia? Ci sono ancora i presupposti per rimanere ancorati a questo partito?

Io non sono ancorato al Pd. Io sono del Pd. E non cambierò idea. Semplicemente, in una stagione completamente diversa da quella nella quale è stato fondato, anche tra tante ottimistiche ingenuità, penso andrebbe complessivamente ripensato e insisto nel credere che dovremmo cogliere l’occasione delle europee per ridisegnarne profilo e ampiezza, mettendo in discussione tutto e tutti.

Quando si terrà la direzione regionale?

Entro una settimana-dieci giorni.

E delle vicende del Pd nazionale, partito ormai più diviso che mai, cosa pensa?

Che faremmo meglio a prepararci alle Europee e a riconnetterci alla storia europea. I nostri avversari schierano Bannon e ritagliano per noi il ruolo di aedi delle elites. Le stesse elites che in Italia hanno inaugurato la campagna antipolitica dalle prime pagine del Corriere, hanno licenziato Alessandro Barbano da direttore del Mattino per essersi schierato contro il governo, corteggiano la Lega, hanno ostacolato il nostro cammino nel nome dell’austerity europea. Noi non siamo quello che decidono i nostri avversari: noi siamo quelli che vogliono cambiare l’Europa mettendo in sicurezza il Paese con la garanzia della Banca centrale sui debiti pubblici, siamo quelli che difendono la democrazia liberale, siamo quelli che pensano che l’impoverimento si combatta col lavoro e non col reddito: come vede sono cose che tengono benissimo insieme sensibilità di origine molto diversa.

Lei ha annunciato la nascita di “In Comune”, definito da alcuni movimento, da altri associazione. Cosa è esattamente ‘In Comune’?

E’ un associazione che guarda a cosa si muove fuori dal PD e prova a fare un po’ di agitazione culturale. Vedo però che intanto più che fare agitazione ne mette. E la cosa un po’ mi diverte.