Gli agenti della polizia di Stato hanno eseguito un’ordinanza agli arresti domiciliari nei confronti di Michele Riccobono di 64 anni e Brigida Camarda, 59 anni, già titolari di fatto della comunità alloggio “Anni Azzurri”, che era stata chiusa lo scorso 8 gennaio.

E’ stato ripristinato, inoltre, il divieto di dimora nei comuni di Palermo, Altofonte, Belmonte Mezzagno, Ficarazzi, Monreale, Misilmeri, Villabate e Bagheria per il figlio Edoardo Riccobono di 29 anni. Rosa Briolotta, la badante che lavorava di notte si trova agli arresti domiciliari dallo scorso 8 maggio. Il tribunale del Riesame aveva accolto il ricorso della procura applicando agli indagati gli arresti domiciliari.

La misura era stata sospesa dalla cassazione. Ieri la suprema corte ha rigettato il ricorso proposto dai tre indagati, facendo venire meno la “sospensiva” in corso e rendendo quindi esecutiva l’ordinanza originaria. A tutti e tre gli indagati, inoltre, è stata notificata anche la misura interdittiva del divieto di esercitare imprese o uffici direttivi di persone giuridiche.

Le indagini coordinate dal pm Maria Rosaria Perricone e dall’aggiunto Annamaria Picozzi, hanno permesso di scoprire che all’interno della comunità tutti i degenti venivano maltrattati. Uno degli anziani sarebbe deceduto per un malore all’interno della struttura in Via Benedetto Marcello.

Le indagini, grazie ad intercettazioni audio video da settembre a dicembre 2019 – hanno registrato più di 100 episodi di condotte vessatorie, denigranti, lesive della dignità umana, oltre a percosse e immobilizzazioni, tali da ingenerare nei poveri degenti uno stato di totale soggezione. In più occasioni, sono stati sedati ed imbottiti di psico-farmaci, che li mantenevano in una situazione di perenne dormiveglia.

Tutti gli operatori, nella struttura, secondo quanto accertato dalle indagini della polizia, lavoravano “in nero” e nessuno di essi era in possesso di alcuna attestazione professionale utile a svolgere tale attività.

Le tantissime condotte registrate hanno consentito di acclarare una situazione di maltrattamenti generalizzata nei confronti di tutti gli anziani ospiti, tutti beneficiari dei sussidi previsti dalla “legge 104” e quindi soggetti portatori di handicap in situazione di gravità: tale condizione ha aggravato le posizioni giudiziarie degli indagati.

L’accanimento nei confronti del povero degente, poi deceduto, era motivato dalla circostanza che lo stesso fosse ritenuto “colpevole” di eccessive doglianze per i dolori connessi al suo precario stato di salute, arrecando in tal modo “disturbo” agli altri ospiti ed agli stessi badanti/gestori.

Costantemente, ingiuriato e offeso, minacciato, sottoposto a soprusi e vessazioni di ogni genere, molto spesso veniva lasciato piangere e lamentarsi anche per ore piuttosto che essere accompagnato in bagno per effettuare i bisogni fisiologici; altre volte immobilizzato, imbavagliato e percosso.

Tutti gli altri ospiti, costretti ad assistere alle condotte lesive operate nei confronti dell’uomo, sapevano di non poter esigere più del minimo concesso.

In tal modo, era sufficiente una sola badante ogni turno per far fronte alle esigenze di 13-14 anziani, minimizzando i costi di gestione.

Oltre alla mancata assistenza dovuta all’esiguo numero di badanti, seppur in modo meno incisivo, anche altri anziani sono risultati “bersaglio” di insulti e percosse.

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