Tra poco più di un mese, all’Assemblea regionale siciliana potrebbero non tornare più i conti. A fine anno scade l’accordo sul tetto dei 240 mila euro agli stipendi dei funzionari apicali e sui sotto-tetti per le altre carriere del Parlamento, introdotti tre anni fa. L’intesa prevede che “a decorrere dal primo gennaio o alla fine della legislatura potranno essere adottati i limiti stipendiali previsti presso il Senato della Repubblica”. In sostanza ci potrebbe essere il ritorno alle vecchie tabelle con stipendi che in qualche caso potrebbero quasi raddoppiare oppure c’è chi ipotizza un regime transitorio in attesa di una nuova contrattazione tra l’amministrazione e il nuovo ufficio di Presidenza dell’Ars, che sarà eletto nella seconda decade di dicembre con l’insediamento dell’Assemblea.
Al momento a Palazzo tutto tace, i sindacati interni attendono le mosse dell’amministrazione. Spulciando gli ultimi rendiconti dell’Ars, emerge che il ritorno alle vecchie tabelle comporterebbe un incremento di oltre il 30 per cento della spesa per il personale, circa 10 milioni di euro in più: pari appunto a tagli apportati alla spesa dall’accordo del 2014. E questo a fronte di un aumento del 19,16% della spesa per le pensioni (circa 8 milioni in più iscritti negli ultimi tre bilanci) dovuto proprio all’accordo su tetti e sotto-tetti. Alla luce di quell’intesa, infatti, alcuni funzionari andarono in pensione per evitare di perdere quote per effetto delle nuove soglie: così la voce previdenza in bilancio è passata da 40,3 milioni del 2013 a 48,05 mln del 2016.
Lo stop al tetto di 240 mila euro per gli apicali riguarda una decina di funzionari; il 70% del personale dell’Ars, in totale 180 dipendenti circa, ha retribuzioni al di sotto anche dei sotto-tetti.
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