Cinquemila persone sono scese in piazza oggi in occasione del corteo cittadino indetto da Non una di Meno Palermo per urlare un forte e deciso no al sistema patriarcale e alla cultura dello stupro, alla violenza maschile sulle donne e di genere. Una tappa quella di oggi che si inserisce nel calendario di mobilitazione costruito attorno al 25 novembre -Giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne e di genere- e che quest’anno vedrà due cortei nazionali: uno a Roma e uno a Messina, per permettere a quante più persone possibile di partecipare e organizzarsi contro la violenza patriarcale.

“Come donne, persone non binarie e LGBTQIA+, persone razzializzate, migranti, con disabilità, persone che soffrono particolarmente la povertà economica, transfemministe sappiamo che patriarcato e capitalismo ci stritolano sempre e ovunque nella loro morsa, e al sud quei meccanismi di sovradeterminazione, sottomissione e marginalizzazione aggrediscono con più ferocia!” A dare il via alla manifestazione una performance dell’associazione “Spazio Donna Zen” che ha portato in piazza una pièce teatrale tratta da Stai zitta di Murgia ove ha trovato spazio un canto di Rosa Balistreri. Sullo striscione un messaggio chiaro e sibillino: Ti rissi no! Transfemminist3 ingovernabili

“Ci state ammazzando tutte”

“Dall’inizio del 2023 sono 106 in Italia i femminicidi, i lesbicidi e i transcidi. Una questione che viene ancora interpretata in chiave emergenziale, come fenomeno extra-ordinario fuori dalla quotidianità, come un raptus di follia o espressione di un amore incontrollato. Non è così! Ci state ammazzando tutt3!!! Il femminicidio è un vero e proprio strumento regolatore e disciplinante per affermare il potere che credete di avere su di noi, per punirci quando non ci adeguiamo ai vostri parametri. Ed è solo la punta dell’iceberg, perché tutti i giorni e in svariate maniere subiamo violenza, una violenza normalizzata dal sistema in cui viviamo e quindi ridicolizzata, sminuita, invisibile. Il continuo definanziamento della sanità pubblica, lo smantellamento della rete dei consultori e l’attacco al diritto all’aborto per tutt3; l’informazione giornalistica asservita al patriarcato che porta avanti una narrazione della violenza di genere sensazionalistica, colpevolizzante la vittima e talmente tossica da tradursi in vera e propria pornografia del dolore ; pubblicità e linguaggio sessisti; le discriminazioni sul lavoro; la violenza dei tribunali che criminalizza e mette sotto processo chi ha subito la violenza. Ma noi siamo ingovernabili e il nostro TI RISSI NO! è un atto di forza collettivo che coinvolge tutti e con cui rispediamo al mittente tutto questo!”

Gli interventi

Tanti gli interventi che hanno scandito il corteo e hanno dato voce, insieme agli slogan, a tutte le forme di oppressione perpetrate da un sistema patriarcale e sessista, omolesbobitransfobico e abilista, capitalista e neoliberista, razzista e xenofobo, colonialista e classista. Arcigay, PalermoPride, Gruppo Trans Arcigay, Uaar, Cesie, Onde, Disability Pride, collettivi studenteschi. Lungo il percorso sono stati letti i nomi delle 104 vittime di femminicidio insieme ad alcune note biografiche, “per il sistema siamo solo oggetti da possedere, nomi come etichette appese su corpi vuoti e inanimati, esseri da disciplinare. Ha fatto male i conti. Siamo corpi che esprimono vite, siamo presenti e desideranti, carichi di rabbia e autodeterminati”

Giunti davanti la questura Non una di Meno ha invitato il corteo a creare un momento di grande rumore con urla, strumenti musicali, utensili da cucina, chiavi.

Per Giulia e non solo

“Per Giulia e per tutte le persone vittime di femminicidi, lesbicidi e transcidi nessun minuto di silenzio ma tanto tanto rumore! Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quellɜ sorellɜ che più non hanno voce! Prestiamo tutta la nostra solidarietà alla sorella di Giulia, Elena, ci stringiamo attorno a lei in un abbraccio di sorellanza. “Per Giulia non fate un minuto di silenzio, bruciate tutto!” ha detto alla stampa e alla società tutto, ispirandosi a un verso di una poesia bellissima di Càceres. “Se domani non torno, distruggi tutto”, esprime il senso del nostro posizionamento rispetto al dolore, alla rabbia, alla situazione che stiamo vivendo e che si fa sempre più agghiacciante. Il nostro dolore si trasforma in rabbia collettiva che vi travolgerà e finalmente distruggerà questo sistema marcio alla radice. Non crediamo alle parole e alle mosse di chi ci governa e millanta prese di posizione in nostra difesa e strategie risolutive. Per il governo siamo prede ghiotte per l’affermazione delle sue politiche securitarie e conservatrici, razziste e classiste.

Lo abbiamo visto con la strumentalizzazione degli stupri di Palermo e Caivano, la risposta è stata la militarizzazione di quei territori considerati problematici a causa della povertà e del degrado sociale. Lo stiamo vedendo con il ddl Sicurezza che assesta un altro duro colpo alla nostra libertà d’espressione, che ci rende meno sicur3 ed esposte alla violenza delle forze dell’ordine, che inasprisce la caccia a chi è già ghettizzat3 e sottomess3. Il progetto ministeriale per l’educazione affettiva nelle scuole, poi, coordinato dal docente Alessandro Amadori che nega l’esistenza della violenza maschile e sostiene tesi cospirazioniste sul tentativo delle donne di dominare gli uomini. La violenza di genere urge un posizionamento politico netto, delle misure reali atte al suo contrasto. Vogliamo corpi liberi e non controllati, vogliamo città transfemministe e non militarizzate. Vogliamo un’educazione transfemminista, sessuale e affettiva nelle scuole; vogliamo una narrazione mediatica non sensazionalistica e morbosa; vogliamo una sanità garantita e accessibile, con personale sanitario formato non obiettore; vogliamo centri antiviolenza e consultori ovunque e funzionanti; vogliamo un mondo della formazione e del lavoro senza discriminazioni di genere e con equità salariale. Ci vogliamo viv3 e vogliamo essere liberɜ di vivere le nostre vite come crediamo”.

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