Generare un cambiamento culturale attraverso un nuovo linguaggio. Una impresa possibile anche se assai impegnativa, che vede protagoniste numerose donne, appartenenti a 7 diverse diocesi d’Italia.
L’esperienza coinvolge anche la diocesi di Palermo. Il progetto è curato da Anna Staropoli, sociologa dell’istituto “Pedro Arrupe” e docente presso la Facoltà Teologica di Sicilia, nonché referente diocesana di “Donne in dialogo: sorelle Diocesi in rete”.
Staropoli racconta a BlogSicilia la genesi e le finalità del progetto.

Le sorelle diocesi

La proposta di creare un “Vocabolario delle donne” è nata qualche mese fa su impulso della diocesi di Napoli, guidata dall’arcivescovo Domenico Battaglia. La referente campana del progetto è Adriana Valerio. “Si è creata – spiega Staropoli – una rete di donne appartenenti a diverse diocesi che noi abbiamo definito “sorelle diocesi”. La Chiesa di Napoli ha allargato ad altre diocesi la possibilità di riflettere sul ruolo della donna all’interno proprio della Chiesa ma soprattutto della società, perché le donne sono generatrici di trasformazioni culturali profonde.
L’iniziativa vuole ripartire dalle donne valorizzandole e portando ad un confronto aperto con i nostri vescovi”.
Le diocesi coinvolte al momento sono quelle di Palermo, Catania, Napoli, Mantova, Verona, Reggio Calabria, Cassano all’Jonio.

La diocesi di Palermo

A Palermo l’idea è stata quella di far ‘partire’, dal 25 novembre scorso, nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, un vocabolario scritto o meglio, riscritto, proprio dalle donne. “Il presupposto di base – aggiunge la sociologa – è che la violenza spesso coincide con una mancanza di parole, una mancanza di vocabolario. Il lavoro che stiamo portando avanti consiste nel risignificare alcune parole partendo dalla sensibilità delle donne. Sono parole che richiedono una riflessione profonda, parole come anima, maternità, bellezza, allattamento, e termini più ‘pesanti’, come gerarchia, potere, denaro, sofferenza, ferita. Stiamo riscrivendo anche parole nuove, come intersezionalità, che richiedono uno spirito di osservazione non indifferente”.

Le donne coinvolte nel progetto

Ma chi sono le donne che stanno creando il nuovo vocabolario? “Sono donne diverse. Non un gruppo elitario – precisa Staropoli – ma donne appartenenti a diverse generazioni, di culture diverse e differenti quartieri della nostra città. Noi siamo fermamente convinte che non può esserci vera democrazia senza giustizia di genere e giustizia sociale.
E’ una operazione che si pone anche come forma di ‘giustizia riparativa’, dando spazio alle tante donne spesso invisibili delle nostre città”.

Santa Rosalia e le donne invisibili

L’obiettivo è creare una sorta di percorso itinerante nel territorio che le donne coinvolte nel progetto hanno chiamato “la rivoluzione del bene e della pace delle Rosalie invisibili del Mediterraneo”.
“Non potevamo – puntualizza la sociologa – non fare riferimento a Santa Rosalia nel 400esimo anniversario del Festino che ricorre proprio quest’anno. Santa Rosalia è simbolo delle donne mediterranee, è una donna capace di unire popoli diversi; su di sé ha dovuto fare un lavoro di riscatto da un destino precostituito, ha dovuto prendersi la propria autonomia ed essere responsabile delle sue scelte, anche nella sofferenza, nella fragilità, nella solitudine dell’eremitaggio”.

Quattro spazi di riflessione

L’itinerario del nuovo vocabolario avrà quattro spazi di riflessione, o meglio, quattro metafore chiave: la liberazione, la fragilità, il coraggio e la cultura mediterranea delle donne del territorio.
Dice Staropoli: “Sono tutte parole che possiamo ritrovare nella vita di Santa Rosalia. E’ stata capace di liberarsi da un dominio, è una donna anche fragile, che sceglie di vivere su una montagna con tutte le fragilità che questo comporta, ha avuto un grande coraggio nel fare la propria scelta, ed oggi è patrona non solo dei palermitani, ovvero dei ‘vecchi’ cittadini, ma anche dei nuovi cittadini appartenenti alle comunità migranti che hanno scelto di vivere a Palermo e che in Santa Rosalia ritrovano un senso di protezione, attribuendole il valore di metafora della pace, di incontro tra culture, di incontro tra religioni diverse, di santa capace di liberarsi in prima persona e di liberare la comunità dalle nuove forme di peste che ci circondano, basti pensare alle guerre, ai conflitti, alle nuove dipendenze. E come Rosalia tante donne nel nostro territorio stanno mostrando grande coraggio, impegnandosi a creare delle buone pratiche di bene in città, ma di queste donne, purtroppo, non si parla tanto spesso”.

Il Mediterraneo

Continua la sociologa: “Le Rosalie invisibili del Mediterraneo sono le tante donne che con grande determinazione prendono in mano situazioni negative e le trasformano. Sono donne che necessitano di tirar fuori la propria storia ed essere valorizzate. Il Mediterraneo, in quanto mare che sta in mezzo alle terre, deve diventare, nonostante le sue tante tragedie, luogo di mediazione dei conflitti, di avvio di percorsi di pace. Noi lo intendiamo come cultura che ha più diversità, che vanno riconosciute e valorizzate, come le nostre donne. Alla luce di queste considerazioni, i quattro temi individuati verranno ridiscussi con altri gruppi di donne sino ad arrivare alla pubblicazione del Vocabolario delle donne prevista per il 25 novembre 2024. La scrittura è una esperienza di memoria, quella delle tante Rosalie che speriamo, attraverso questo percorso, diventino visibili e riconosciute”.

Il potere rivoluzionario delle parole e delle donne

Ma cosa ha scoperto o imparato, Anna Staropoli, come donna e sociologa, durante questo ‘itinerario’? La risposta arriva senza esitazione: “Ho avuto la conferma del potere rivoluzionario delle parole, perché già chiamare le cose con il proprio nome, o provare a risignificarle insieme, è un atto rivoluzionario. Viviamo in una società nella quale tante parole hanno perso il loro significato, e il rischio è che si perda il significato delle nostre vite ed esperienze.
Abbiamo deciso di fare i conti con le parole: sia quelle ‘piuma’, come anima e bellezza, sia quelle ‘pietra’, cioè pesanti, come potere e gerarchia. Noi vorremmo che questo Vocabolario delle donne diventasse patrimonio del Mediterraneo, di tutti, riconoscendo anche il potere di mediazione delle donne stesse. Nei nostri quartieri, nelle nostre periferie, le donne hanno una forte funzione sociale di mediazione, si fanno carico di tante ferite, le affrontano con spirito di resistenza, sono capaci di trasformare le storie delle proprie famiglie e delle comunità delle quali fanno parte”.
E infine: “Anche Santa Rosalia ha trasformato la storia: la propria e quella della città di Palermo ma non solo, tanto che, come detto prima, è diventata santa d’adozione per molti stranieri.
Monte Pellegrino, la montagna sacra di noi palermitani, oggi unisce popoli diversi. E le donne di ogni popolo hanno mostrato, nel corso dei secoli, di essere capaci di solidarizzare, di costruire percorsi di pace e di bene. C’è sempre più bisogno del punto di vista delle donne, lo ritengo una vera ricchezza, per la società, per la Chiesa, e per l’umanità in generale, proprio per riscoprire il senso della nostra umanità. Il Vocabolario delle donne non è altro che uno strumento, nell’ambito di un percorso, attraverso il quale le donne si stanno esprimendo, creando pratiche di bene e di pace”.