I residenti del quartiere Zen, a Palermo, si stringono attorno a padre Miguel, parroco della chiesa di San Filippo Neri. Gli abitanti del quartiere popolare della VII Circoscrizione hanno deciso di metterci la faccia e la propria voce. Una vicinanza, quella espressa al missionario argentino, figlia delle opere di bene messe in campo dal prelato. Ma, evidentemente, non tutti sono d’accordo. Tanto che il prete rischia il trasferimento a Roma, proprio a causa di uno “scarso impegno dimostrato nel sociale”.

La solidarietà dei residenti a padre Miguel

Vicenda che i residenti dello Zen contestano con forza. A cominciare dai genitori che, nel loro tempo libero, hanno deciso di collaborare con il parroco per organizzare le attività negli spazi della chiesa. “Padre Miguel si è calato nei nostri problemi, caricandosene – riferisce una madre ai nostri microfoni -. Non c’è mai stata differenza fra un bimbo che può camminare e uno no. Lui si è messo a terra a giocare con i bambini, dando la possibilità a mio figlio di non sentirsi diverso. Se deve andare via, deve farlo con gli onori del caso, non calunniato. Quando la parte sociale contrasta con quella religiosa, lui non poteva andare contro i suoi valori. Probabilmente questo ha scosso tante persone”.

Un impegno costato caro

Un sacerdote che non si è mai piegato alle ingiustizie e alla violenza. Fatto che gli è costato cinque minacce di morte, oltre ad un’aggressione avvenuta nel 2016 e condotta da alcuni soggetti ai suoi danni e a quelli dei genitori che lo hanno seguito durante il suo percorso di fede. Episodi richiamati con forza da Anna Genovese, una dei genitori che ha collaborato con padre Miguel.

“Il nostro parroco ci ha insegnato a fare del bene al prossimo con umiltà ed amore. Ci ha insegnato a collaborare e a fare del bene come famiglia. Noi non possiamo accettare di rinnegare tutto quello che ha fatto. Sappiamo che è stato pestato con suo padre. Non si può dire che non ha fatto niente per il sociale. Cosa doveva fare? Farsi ammazzare? Non possiamo accettare queste menzogne che rovinano il nome di un missionario che ha dato la vita per il nostro quartiere. La nostra voce si eleva a suo sostegno”.

Il lavoro di assistenza dei genitori

Se le madri hanno aiutato a tenere puliti gli spazi e nell’organizzazione del catechismo, i padri dello Zen hanno assistito padre Miguel nella cura del verde e delle strutture. “Noi ci occupiamo di pulire il parco nei pressi della chiesa di San Filippo Neri – racconta Antonino Traapani -. Lo facciamo come volontariato, senza prendere un euro. Noi siamo per la comunità. Alcune persone credono che padre Miguel abbia milioni da darci ogni mese. Noi facciamo un servizio gratuito. Le mamme fanno le catechiste e puliscono la chiesa. Padre Miguel ci ha saputo accogliere, un valore importante per la chiesa di oggi. Ha tolto i nostri figli dalla strada e capiamo cosa vuol dire in una realtà come lo Zen“.

Chiesto incontro con il vescovato

Non mancano neppure i giovani, alcuni dei quali “cresciuti” proprio da padre Miguel. Fra questi rientrano Bartolo Messina e i ragazzi che si occupano della gestione delle attività sportive e ludico-motorie. “Tutto quello che hanno detto contro padre Miguel è ingiusto. Dire che non si è impegnato va contro ogni realtà. Basta vedere tutto quello che ha fatto per noi. Vorremmo dare un messaggio chiaro a queste persone: venite a vedere quello che ha fatto il nostro parrocco per noi e per il quartiere”.

“Quello che vogliamo è dare una vita, una seconda possibilità ai ragazzi che vogliono uscire da questo contesto. Io sono il primo ad essere stato salvato da padre Miguel”, sottolinea Bartolo Messina. Una comunità, quello dello Zen, che sta chiedendo a gran voce un incontro con le autorità arcivescovili di Palermo. Ciò per ridare onorabilità alla figura di un parroco rimasto nei cuori di buona parte del quartiere.