A cura delle studentesse e gli studenti della classe 3^ Liceo Classico

Abbiamo incontrato Alfredo Pecoraro presso la sede dell’ANSA di Palermo. Specializzato in giornalismo politico, presidente dell’Associazione Stampa Parlamentare e redattore dell’Ansa, sollecitato dalle nostre domande, Pecoraro ci ha intrattenuto in modo coinvolgente parlandoci dell’attività del giornalista che sul campo segue la notizia, cerca lo scoop e, al tempo stesso, si lascia toccare umanamente da ciò che da testimone riporta. Il suo racconto, dai tratti fotografici, ci ha dato l’idea di come questa particolare professione non può essere considerata un semplice lavoro, perché la notizia è sempre filtrata da un certo modo di essere, dalla capacità di osservare, dalla sensibilità della persona, dalla capacità di intuire il valore che possono avere eventi o scoperte impreviste che avvengono nei luoghi in cui ci si reca.

«Quando vai a Lampedusa, l’isola degli sbarchi dei migranti, non sai mai quando torni. Una delle prime volte in cui ci andai era il periodo in cui c’erano sbarchi continui di tunisini che arrivavano con dei barchini. A Lampedusa c’erano 5000 tunisini, più degli abitanti, in un centro di accoglienza che può accoglierne alcune centinaia. Bivaccavano in tutta l’isola, c’era un allarme sanitario e sociale. La situazione era invivibile, questi facevano i bisogni per strada, ma devo dire che la gente in qualche modo mi aiutava. Una scena mi ha estremamente colpito: lunghe file di ragazzi seduti su entrambi i lati del marciapiede del corso principale, dietro lunghi fili bianchi. Si trattava dei fili dei caricabatteria dei cellulari che loro attaccavano alle centraline elettriche perché la loro priorità era avvisare i parenti che erano arrivati vivi»

Pecoraro ci ha fatto capire come «ciò che si racconta ti cambia dentro». Un altro suo articolo, sempre scritto a Lampedusa, parte dalla scoperta di bare senza nome di un gruppo di migranti somali naufraghi nel Mediterraneo. 

«A Lampedusa, quando ci sono i grossi sbarchi o le morti in mare, arrivano moltissimi giornalisti. Mi trovavo lì anch’io dopo un naufragio in cui erano morte numerose persone migranti di origine somala. In quel frangente decido di andare al cimitero per cercare dove fossero finiti i morti. Nella piazzetta del cimitero trovo allineate moltissime bare, senza nome, persone che nessuno conosce. Erano lì da settimane, il legno di scarsa qualità era corroso dal sole. Cosa se ne fa dei morti? Nessuno se ne prende cura. Si attende che qualche Comune limitrofo li voglia prendere. Scrissi un articolo su questo. Esperienze come queste non possono non cambiarti».

Alla fine della nostra conversazione, ritornando sul tema della nostra rubrica, abbiamo chiesto ad Alfredo Pecoraro se, come giornalista parlamentare, si fosse occupato di dipendenze nel territorio. Il tono della sua voce cambia. Ci risponde in modo estremamente assertivo.

«Quasi tutto, se non tutto, è politica. Ad esempio, L’Assemblea Regionale Siciliana, alla fine dello scorso anno, ha approvato la Legge n. 26/2024, innovativa per il contrasto al Crack e alle dipendenze. Il problema è che, mancando i Decreti Attuativi, quanto previsto dalla legge in merito all’attuazione di un sistema integrato di prevenzione, cura, riduzione del danno e inclusione sociale nel territorio, rimane sul piano dei buoni propositi. Non solo, la politica interviene su ogni problema sociale e le Regioni hanno la possibilità di approvare proposte da presentare al Parlamento nazionale. La Regione Sicilia ha inviato una proposta per le limitazioni e il divieto dei dispositivi elettronici, vietando, ad esempio, l’uso per i bambini al di sotto dei 5 anni, mostrando una grande sensibilità sul tema. Anche se, a parer mio, oltre al fatto che probabilmente non verrà discussa in Parlamento, resta problematica tutta la questione delle sanzioni per chi contravviene al divieto». 

Luogo: Educandato Statale Maria Adelaide

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