Furto con “spaccata” a Modica, in un negozio in via Sacro Cuore, nella profumeria Mabù, dove tre malviventi hanno distrutto una vetrina. Il tutto ripreso dalle immagini di videosorveglianza dell’esercizio commerciale che hanno registrato l’operazione. Gli autori del furto erano mascherati e non hanno lasciato nemmeno impronte digitali.
Il furto con spaccata è stato messo a segno poco dopo le 5 del mattino, le strade erano deserte: i tre ladri sono entrati in azione colpendo la vetrina a marcia indietro, in due sono scesi dall’auto armati di ceste di plastica e hanno arraffato il più possibile, mentre un altro complice faceva da “palo”.
Incendio a Modica, arresti
Gli agenti della Squadra Mobile di Ragusa e del Commissariato di P.S. di Modica hanno dato esecuzione ad un’ordinanza cautelare emessa dal GIP in sede traendo in arresto M. A., di anni 25, e R. D., di anni 28, ponendoli rispettivamente in custodia in carcere e agli arresti domiciliari, in quanto gravemente indiziati, allo stato degli atti, del delitto di concorso in tentata estorsione aggravata anche dal “metodo mafioso”, nonché di danneggiamento seguito da incendio.
L’indagine, coordinata dalla DDA di Catania e condotta da personale della Squadra Mobile di Ragusa e del Commissariato di P.S. di Modica, ha avuto origine nello scorso mese di dicembre, allorquando si verificò un incendio di chiara matrice dolosa che danneggiò un gazebo adibito alla vendita di piante e di fiori collocato all’interno di un terreno agricolo recintato, situato nei pressi di uno dei varchi di accesso al cimitero comunale di Modica. L’attività investigativa, immediatamente avviata, ha consentito di riscontrare, in attesa degli ulteriori sviluppi processuali, la denuncia presentata dal titolare della rivendita, minacciato con un modus agendi tipico delle consorterie mafiose in caso di mancato pagamento di una somma di denaro indebitamente pretesa.
Uno dei soggetti, tra l’altro, nel decorso mese di aprile era stato controllato da una pattuglia della Polizia di Stato in territorio di Chiaramonte Gulfi all’interno di un autocarro e, alla richiesta degli operatori intervenuti di fornire le sue generalità, aveva dichiarato un falso nome per sottrarsi alla inottemperanza della misura cautelare dell’obbligo di dimora nel comune di residenza, al quale era sottoposto nel contesto di un altro procedimento penale a suo carico
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