Il confinamento, dovuto al virus Covid-19, attuato su una larga parte della popolazione mondiale ha avuto un impatto rilevante sul consumo di combustibili fossili e sulla qualità dell’aria in Cina. Infatti, nei 30 giorni successivi alla fine del Capodanno cinese i livelli medi nazionali di PM2,5 sono scesi del 33% mentre i livelli di NO2 sono scesi del 40% rispetto allo stesso periodo post festivo del 2019. Le emissioni di CO2 sono diminuite del 25%. Sono precipitate la produzione di energia elettrica, di cemento e il consumo di petrolio. Tutto questo sembrava far credere che la Cina fosse intenzionata a ridurre il proprio inquinamento anche dopo la pandemia.

 

Ovviamente così non è stato. Con il termine del lockdown sono ripartiti l’economia, la produzione, i trasporti e tutte le attività, con il conseguente aumento dell’inquinamento. Ciò che non è ovvio è che l’inquinamento possa addirittura superare i livelli pre-crisi, soprattutto sapendo che alcuni settori non ripartiranno a breve. Un tale superamento significherebbe un recupero dell’inquinamento che non abbiamo prodotto in queste settimane di confinamento. Ma così è stato per la Cina.

 

Il CREA, Centro di ricerca sull’energia e l’aria pulita, ha rivelato che l’inquinamento atmosferico della Cina ha superato per la prima volta i livelli pre-epidemia. I dati raccolti dell’Air Pollution Rebound Tracker rivelano che i livelli di inquinanti atmosferici nocivi per la salute in Cina hanno superato le concentrazioni rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Questo include le cosiddette polveri sottili PM2.5, NO2, SO2 e O3, i livelli di quest’ultimo sono vicini al livello record del 2018.

 

 

La voglia di risanamento del PIL e i progetti edilizi e manifatturieri fanno capire che la Cina vuole ripartire col botto. La crisi finanziaria del 2008 seguì questa strada con un’ondata di progetti edilizi e livelli record di consumo di carbone, cemento e acciaio. Tutto ciò culminò nell’”airpocalisse” dell’inverno 2012-2013, vicino Pechino. Stesso copione dopo l’epidemia di SARS nel 2003 che portò ad un aumento dell’inquinamento nella regione di Pechino.

 

Le ragioni dell’impennata sono chiare: le emissioni delle centrali elettriche, dell’industria e dei mezzi di trasporto sono tutte in aumento. Il consumo di carbone dei 5 grandi produttori di energia della Cina orientale hanno superato per la prima volta i livelli del 2019. La produzione di energia elettrica è già aumentata dell’1% su base annua ad aprile, dopo essere diminuita dell’8% in marzo.