Perché la Lombardia sta soffrendo un numero così elevato di vittime? In Veneto ed Emilia Romagna le cose vanno decisamente meglio nonostante siano state colpite all’inizio dell’epidemia. Ad oggi nella regione sono morte 11 persone ogni 10.000 abitanti, solo a Milano le morti sono triplicate rispetto al 2019 in condizioni normali.

 

Negli ultimi anni gli ospedali pubblici e privati sono stati messi sullo stesso livello ed ora questo sistema sta andando incontro alla crisi. La regione si trova costretta a contrattare con i privati, nonostante ci sia poco tempo e bisogna fare in fretta. Inoltre ai medici non arrivano delle istruzioni chiare e i dispositivi di protezione necessari.

 

Si rinuncia perfino a tracciare i contagi sul territorio, per molti spesso non partono i tamponi e quando risultano positivi non vengono contattati nemmeno dalle ASL per controllare lo stato di salute in quarantena.

 

Un altro prezzo alto da pagare riguarda il ritardo nella chiusura delle visite dei familiari presso le case di riposo, sommata alla scelta di ospitare i degenti meno gravi portatori del virus al fine di liberare posti in ospedale. Anche nelle Rsa si registrano carenze per quanto riguarda la fornitura di dispositivi di protezione. La Regione Lombardia ritrova le sue alte cariche politiche ed i virologi di fiducia a discutere le proprie opinioni in televisione e sui social, sostenendo che le mascherine non servono e che i tamponi vanno fatti solo agli acuti.

 

Riapertura il 3 maggio? Non è semplice in quanto i ricoveri in terapia intensiva calano molto lentamente, poi bisognerà trovare il modo di riaprire con tutti gli accorgimenti per il distanziamento sociale. A questo proposito occorre rivedere anche la struttura della mobilità, in quanto molta gente ricorre all’utilizzo dei mezzi pubblici. Milano può e deve fare qualcosa, ci sono tante realtà importanti come: il Politecnico, la Bocconi, Istituti di ricerca e analisi, imprenditori e una grande rete di volontariato. Bisogna trovare una buona strategia, lo si deve agli “eroi” morti in corsia non per loro scelta, ma perché si sono trovati a svolgere semplicemente la loro mansione.