La Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) annuncia che il coronavirus SARS-CoV-2 è stato ritrovato sul particolato atmosferico (PM), accreditando le ipotesi che erano state fatte in precedenza. Leonardo Setti, coordinatore del gruppo di ricerca scientifica insieme a De Gennaro e a Miani, spiega “Questa prima parte della ricerca mirava espressamente a cercare la presenza dell’RNA del SARS-CoV-2 sul particolato atmosferico. Le prime evidenze relative alla presenza del coronavirus sul particolato provengono da analisi eseguite su 34 campioni di PM10 in aria ambiente di siti industriali della provincia di Bergamo, raccolti con due diversi campionatori d’aria per un periodo continuativo di 3 settimane, dal 21 febbraio al 13 marzo”.

 

I campioni, analizzati dall’Università di Trieste in collaborazione con i laboratori dell’azienda ospedaliera Giuliano Isontina, hanno verificato la presenza del virus in almeno 8 delle 22 giornate prese in esame. I risultati positivi sono stati confermati su 12 diversi campioni, per tutti e tre i marcatori molecolari. Secondo De Gennaro, “La prova che l’RNA del SARS-CoV-2 può essere presente sul particolato in aria ambiente non attesta ancora con certezza definitiva che vi sia una terza via di contagio. Tuttavia, occorre che se ne tenga conto nella cosiddetta Fase 2 della necessità di mantenere basse le emissioni di particolato per non rischiare di favorire la potenziale diffusione del virus”.

 

Ad oggi le osservazioni epidemiologiche disponibili per Italia, Cina e Stati Uniti mostrano come la progressione dell’epidemia Covid-19 sia più grave in quelle aree caratterizzate da livelli più elevati di particolato. Esposizioni croniche ad elevate concentrazioni di PM, come quelle che si registrano ormai da decenni nella Pianura Padana, hanno conseguenze negative sulla salute umana e non, rappresentando anche un fattore predisponente a una maggiore suscettibilità degli anziani fragili alle infezioni virali e alle complicanze cardio-polmonari.

 

Alessandro Miani conclude: “Siamo in stretto contatto con l’OMS e con la Commissione Europea per condividere i risultati delle nostre analisi. Sono in corso ulteriori studi di conferma di queste prime prove sulla possibilità di considerare il PM come carrier di nuclei contenenti goccioline virali, ricerche che dovranno spingersi fino a valutare la vitalità e soprattutto la virulenza del SARS-CoV-2 adeso al particolato. Intanto, la presenza del virus sulle polveri atmosferiche è una preziosa informazione in vista dell’imminente riapertura delle attività sociali, che conferma l’importanza di un utilizzo generalizzato delle mascherine da parte di tutta la popolazione. Se tutti indossiamo le mascherine, la distanza inter-personale di 2 metri è da considerarsi ragionevolmente protettiva permettendo così alle persone di riprendere una vita sociale”