PALERMO (ITALPRESS) – Si è conclusa l’udienza odierna del processo Open Arms, incentrata esclusivamente sulla testimonianza di Matteo Piantedosi, attuale ministro dell’Interno ed ex capo di gabinetto quando il titolare del Viminale era Matteo Salvini.
“Le comunicazioni sugli arrivi delle navi arrivavano dalla capitaneria di porto alla direzione centrale dell’Ufficio di gabinetto ed erano condivisi su una chat di cui fanno parte i funzionari dell’amministrazione centrale: la prima segnalazione riguardò tre piccole imbarcazioni soccorse da Open Arms, poi nei giorni successivi ci furono altri eventi che coinvolsero la stessa Ong in acque maltesi e libiche” ha detto nel corso dell’udienza Piantedosi. “Il coordinamento delle prime operazioni era della guardia costiera libica – aggiunge Piantedosi, – Il fenomeno è stato classificato dalle capitanerie di porto come immigrazione clandestina: seguendo un orientamento già sperimentato ci siamo attivati per valutare i comportamenti assunti dalla nave ed eventualmente vietare l’ingresso nelle nostre acque territoriali. Già negli eventi precedenti avevamo avuto la sensazione che puntassero dritti all’Italia, trascurando di chiedere assistenza a Tunisia o Malta che avrebbero sicuramente potuto mettere a disposizione un porto per lo sbarco: questo comportamento è stato preavvisato non come un’operazione di salvataggio, ma un tentativo di portare migranti in Italia. La linea di vietare l’ingresso era condivisa dai ministri dell’Interno, della Difesa e dei Trasporti, oltre che dal presidente del consiglio”. Piantedosi ha spiegato che “Malta si offrì di recuperare 39 migranti perchè si trovavano nelle loro acque territoriali, ma Open Arms rifiutò quest’opzione: più avanti venimmo a sapere che alcuni sulla nave si erano un pò agitati con il comandante per non essere sbarcati quando avevano avuto l’occasione” e inoltre che “nessuno ha certificato tentativi di suicidio a bordo della nave: non ho visto le immagini di persone che si gettavano in acqua ma le autorità competenti, che in questo caso non era il ministero dell’Interno, hanno deciso che non c’erano i presupposti per intervenire”.
“Il nostro Centro di coordinamento marittimo – ha continuato – venne informato dall’omologo libico che avrebbero preso loro in carico la prima imbarcazione, ma non mi risulta ci fosse pervenuto un atto scritto. Una volta attuato il divieto qualsiasi richiesta successiva di un porto per sbarcare non è stata presa in considerazione: il 14 agosto mi venne chiesto che la nave venisse avvicinata al porto per il sopraggiungere di condizioni meteo insidiose, ma l’autorizzazione non riguardò Lampedusa bensì altre due destinazioni”. Infine Piantedosi ha riferito: “Ho chiesto all’ammiraglio Martello che l’eventuale sbarco per Open Arms avvenisse in località diversa da Lampedusa: per noi era preferibile anche per preservare e alleggerire un’isola meta privilegiata di sbarchi spontanei, ma fu l’ammiraglio Martello ad autorizzare il ridosso di Open Arms a Lampedusa”. La prossima udienza è prevista per il 22 marzo, con l’audizione dell’ex ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi e di un’altra teste: ad annunciarlo è Roberto Murgia, presidente del collegio giudicante dell’Aula bunker.
– Foto: Agenzia Fotogramma –
(ITALPRESS)
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