PALERMO (ITALPRESS) – “La situazione drammatica dei Pronto Soccorso siciliani. Analisi dei problemi e proposte per risolverli”. Questo il titolo dell’incontro che si è svolto a Villa Magnisi, sede dell’Ordine dei medici di Palermo, organizzato dalla segreteria regionale CIMO (Confederazione Italiana Medici Ospedalieri) e della Federazione CIMO-FESMAED (Federazione Sindacale Medici Dirigenti) della Sicilia.
“Vogliamo ragionare su come migliorare i Pronto Soccorso siciliani – ha spiegato il presidente regionale della Federazione CIMO-FESMED, Riccardo Spampinato -. In Sicilia c’è solo il 53% dei medici in servizio rispetto alle piante organiche previste, sui 786 ce ne sono 414. Questo è già un segno di criticità enorme. Inutile fare i Pronto Soccorso con cinque sale visite se poi c’è un solo medico. Questo sistema comporta lunghe attese nella zona di filtro nel triage. Il paziente che arriva, siccome è convinto di essere lui il centro del mondo, ad un certo punto vuole una risposta che arriva dopo 2-3 ore e a quel punto sfoga tutta la sia rabbia e instabilità sociale. Non c’è il rispetto del camice, della divisa e dell’insegnante, non siamo più abituati ad aspettare. E non sapendo con chi prendersela se la prendono col medico del Pronto Soccorso, questo non è più accettabile”.
Tra le richieste più importanti, anche quella di avere una vigilanza continua per evitare casi di violenza: “Serve qualcuno che garantisca la serenità di lavoro agli operatori sanitari – ha aggiunto Spampinato -. E una legge nazionale che consenta ai giovani di entrare nei Pronto Soccorso non con i contrattini a tre-sei mesi ma a tempo indeterminato. Serve un incentivo perchè non vedo perchè un giovane dovrebbe scegliere il Pronto Soccorso a parità di stipendio, serve un’indennità di funzione. Quella del medico al Pronto Soccorso è un’attività sociale”. A fargli eco il segretario regionale CIMO, Giuseppe Bonsignore: “Serve il personale, i medici sono poco più della metà di quelli che occorrerebbero, quindi insufficienti. La situazione è drammatica, chiediamo di intervenire al più presto”, ha sottolineato.
“In tutta Italia esiste il problema dei medici – ha affermato l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza -. Vorremmo presentare alcune proposte alla conferenza Stato-regioni e al governo nazionale. Se in Italia mancano circa il 50% dei medici di Pronto Soccorso non ci si può affidare alla speranza che arrivino. Serve incentivare economicamente chi lavora nel Pronto soccorso e quindi l’auspicio è che il nuovo CCNL, che prevede una valorizzazione per chi lavora nelle aree di emergenza, possa essere quanto prima operativo ma serve anche qualcosa in più”.
“Abbiamo tantissimi medici – ha aggiunto Razza – con l’attestazione di emergenza sanitaria territoriale che operano nella guardie mediche, nei Pronto Soccorso e nelle ambulanze: non si capisce perchè questi professionisti, che fino al 31 marzo potevano lavorare anche in corsie e in Pronto Soccorso, terminata l’emergenza, sono impediti di poterlo fare. Potrebbe esserci un provvedimento di emergenza che consente a tutti coloro che hanno questo corso di essere assunti anche al Pronto Soccorso”.
Per quanto riguarda la sicurezza, “è un problema che è stato affrontato molto, il che non vuol dire che non ci siano casi, come quello indegno che si è verificato e che era imprevedibile – ha sottolineato Razza -. Se si realizza un’aggressione vera e propria con azioni indecorose, lì non ci può la guardia giurata o la presenza del posto di polizia, ci può solo la repressione. Mi aspetto il massimo della repressione possibile”.
Un appello, un grido di aiuto, sulla questione violenza anche da parte del presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Palermo, Salvatore Amato: “L’argomento violenza sugli operatori sanitari ci preoccupa – ha dichiarato -. Le soluzioni vanno ricercate ad ampio raggio, a partire da una questione educativa. C’è da fare una revisione dei percorsi strutturali degli ospedali e un numero di personale sufficiente, oltre che efficiente a livello sanitario. Paghiamo anni di tagli. Servono pene severe per chi fa questi atti, è un problema nazionale e anche internazionale. Non è ammissibile che persone che si dedicano al prossimo siano vittime di violenza, non solo verbale ma anche fisica. La paura di andare a lavorare è una cosa che deve cessare immediatamente. Serve uno scatto d’orgoglio da parte dei nostri decisori, ascoltando quelle che sono le richieste dei professionisti stessi”.
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