“Chiederò alle associazioni, quelle che aderiscono al Fai, di chiudere. In quel caso, vedremo se a stimolare i commercianti ci penseranno il presidente della Commissione regionale antimafia o il vicepresidente”.
Lo afferma il coordinatore delle associazioni antiracket di Siracusa, Paolo Caligiore, dopo le parole espresse ieri a Siracusa da Claudio Fava, presidente della Commissione regionale parlamentare antimafia, che, in merito all’impennata di avvertimenti ai danni dei commercianti di Siracusa, ha segnalato il calo di denuncia delle vittime ed una perdita di smalto delle associazioni antiracket.
Senta Caligiore ma l’Antiracket è stata invitata?
“Convocano un incontro in cui si discute di estorsioni e non sentono il bisogno di sentire un rappresentante delle associazioni antiracket. Qui si gioca al tiro al piccione, dimenticando che il piccione è quello che per 30 anni si è speso per la lotta al racket”.
C’è molta amarezza nelle sue parole
“Noi non siamo dei professionisti, come loro, e per farlo capire cito un esempio: per andare a parlare con i commercianti, da Palazzolo a Siracusa, strada che percorre spesso in questi giorni, ci metto i soldi di tasca mia senza alcun rimborso. Io sono un volontario, forse ancora la Commissione regionale antimafia non lo sa, non sono pagato e strapagato. Se queste sono le considerazioni che riescono ad elaborare ne prendo atto, va bene così”.
In Prefettura si è detto che mancano denunce. Lei che ne pensa?
“Se non ci sono denunce, è colpa dell’antiracket? Me lo aspettavo, forse per questo non siamo stati invitati. In questo modo, si è potuto parlare a ruota libera, incolpando chi da anni è al fianco dei commercianti. Siamo i primi ad arrivare quando accadono le intimidazioni ai danni degli operatori economici e rimaniamo quando si spengono i riflettori, nell’assoluta indifferenza di tutti”.
Come decifrare questi avvertimenti?
“Va innanzitutto chiarito se dietro tutte queste bombe c’è il racket: questo lo devono dire le forze dell’ordine. Mettiamo che si tratta di avvertimenti di matrice estorsiva. A tal proposito, gli avvertimenti non hanno l’obiettivo di creare un danno ma di dare un messaggio. Ora, i gruppi che commettono estorsioni, da tempo, hanno abbassato i prezzi, per cui se si presentano chiedendo 100 euro. Sono certo che le vittime, di fronte ad una cifra per nulla elevata, non andranno a denunciare.
Che soluzioni per arginare il fenomeno?
Per questo, sostengo, con fermezza, che la battaglia contro il racket è morale, culturale. E’ inutile insistere che la denuncia è conveniente, bisogna, invece, convincere tutti gli operatori economici che non bisogna nemmeno parlare con i delinquenti, mai prendere un caffè, nessuna relazione con essi. La Commissione doveva sentire l’esigenza di sentirci, ascoltare la nostra opinione, troppo facile parlare in questo modo.
Quale è la sua opinione su questi ultimi fatti?
“Da tempo, parlo del ritorno del racket delle estorsioni ma sono passato per un allarmista. Quando si è verificata la prima esplosione ai danni di una tabaccheria, abbiamo organizzato una manifestazione a cui hanno preso parte molte associazioni siciliane. Certo, non possiamo arrestare o svolgere indagini, a quello ci pensano le forze dell’ordine e l’autorità giudiziaria”
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